Su entrambe le sponde dell'Atlantico, in questi giorni dolorosamente segnati dal conflitto tra Israele e le fazioni palestinesi più estremistiche, in Occidente aumentano le manifestazioni anti israeliane, in molti casi coincidenti con la bestia nera dell'antisemitismo. In Europa, e in Germania in particolare, l'odio verso gli ebrei non è più un'esclusiva dell'estrema destra nazistoide e nemmeno dell'ultra sinistra filopalestinese, ma viene sempre più spesso gridato nelle strade da gruppi organizzati di immigrati musulmani, spingendo i governi a prendere chiare posizioni contro questa deriva violenta (aggressioni fisiche e verbali contro singoli ebrei o israeliani e assalti alle sinagoghe stanno diventando pratica frequente) da qualsiasi parte essa provenga. Negli Stati Uniti, invece, l'ostilità ideologica contro Israele e la aperta simpatia verso la causa palestinese dell'ala sinistra del partito democratico oggi al governo stanno creando difficoltà al presidente Joe Biden: la sua politica di sostegno a Israele per quanto più critica rispetto a quella della precedente Amministrazione viene ogni giorno più esplicitamente contestata da figure di primissimo piano dei dem.
«Non possiamo avere la stessa linea di Trump», ripetono a Biden il vecchio leader socialista Bernie Sanders, la senatrice Elizabeth Warren e la giovane pasionaria newyorkese Alexandra Ocasio-Cortez, che definisce Israele «uno Stato di apartheid non democratico». Essi pretendono la fine della «relazione speciale» tra Washington e Gerusalemme (anzi, il solo fatto che la Casa Bianca riconosca la Città Santa per eccellenza come capitale dello Stato ebraico è per loro intollerabile) e vorrebbero un ritorno alla politica di sostanziale equidistanza tra le parti, ma sarebbe meglio dire di distacco, che aveva caratterizzato gli otto anni di Barack Obama: Ocasio-Cortez si spinge ben oltre, e invita a organizzare «boicottaggio, disinvestimenti e sanzioni» contro Israele. Biden non è certo il filoisraeliano integrale Donald Trump, ma non intende per questo abbandonare un alleato cardinale degli Stati Uniti.
Tornando in Europa, le autorità di Londra e di Berlino in particolare hanno preso posizione contro lo spirito antisemita di manifestazioni in cui si assiste esattamente come nelle piazze dei Paesi musulmani all'espressione dell'odio contro gli ebrei accanto a quello contro Israele, con tanto di bandiere con la stella di Davide date alle fiamme e aggressioni a persone di religione ebraica. Nella sola Londra in questi giorni sono stati contati ben 63 episodi di attacchi contro ebrei e sinagoghe, il più grave dei quali ha portato all'arresto di quattro persone accusate di aver fatto parte di un corteo di auto con bandiere palestinesi dal quale, usando un megafono, si esortava a uccidere e violentare ragazze e donne ebree. Sia il premier Boris Johnson che il leader laburista Keir Starmer hanno escluso che nella società britannica possa esserci posto per l'antisemitismo. Stefan Seibert, portavoce della Cancelliera tedesca Angela Merkel, ha definito particolarmente grave che una giornalista israeliana sia stata aggredita a Berlino nel corso di una manifestazione. «Questo fa molta rabbia ha detto Seibert in conferenza stampa -. Ciò che è successo in questi giorni in termini di manifestazioni di antisemitismo e di odio verso gli ebrei è vergognoso».
E nei giorni scorsi, lo stesso presidente federale Frank-Walter Steinmeier aveva promesso che in Germania l'odio antisemita («da qualsiasi parte provenga») non sarebbe stato tollerato, dopo che in manifestazioni in cui erano state esibite bandiere turche e algerine erano stati urlati insulti contro gli ebrei ed era stata tentata una minacciosa marcia verso una sinagoga nella città di Gelsenkirchen.
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