Una firma e via. Arriva senza scosse il via libera del Quirinale alla legge dell'Autonomia differenziata approvato in via definitiva alla Camera lo scorso 19 giugno. Con buona pace dei tanti che avevano sollevato dubbi di costituzionalità - dal capogruppo dem in Senato Francesco Boccia fino ai capigruppo M5s di Senato e Camera, Stefano Patuanelli e Francesco Silvestri, che addirittura avevano invitato il capo dello Stato a non firmare, valutando dunque se esercitare la sua prerogativa costituzionale di rinvio presidenziale di cui all'articolo 74 della Costituzione Sergio Mattarella ha firmato e lo ha fatto senza fare una piega. Deludendo i tanti che avevano interpretato l'assicurazione a esaminare con attenzione il provvedimento come la premessa di una bocciatura del Colle. Che, invece, ha fatto sapere che il controllo effettuato dagli uffici sul testo approvato alla Camera è terminato rapidamente, e che non è stata ravvisata alcuna manifesta incostituzionalità. Che suona come solenne bocciatura, questa sì, per la richiesta Pentastellata che caldeggiava un rinvio alle Camera da parte del Quirinale «proprio per salvaguardare il complessivo assetto democratico, nell'ambito della coerenza e conformità normativa del disegno di legge sull'autonomia con i principi fondamentali della nostra Carta costituzionale». «Siamo orgogliosi di aver raggiunto questa tappa, una pietra miliare nella storia della Repubblica, esulta il presidente della Regione Veneto Luca Zaia.
Alla sinistra, per affondare la legge, resta la strada della raccolta firme per il referendum abrogativo che vede più o meno tutti i partiti di opposizione in trincea, da Avs ad Azione, e che coinvolge pure la Cgil. Fino ad allora, però, l'autonomia è legge. E anche se, come si rimarca soprattutto nell'opposizione, quello approvato al momento è in effetti un contenitore che attende la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni (Lep), perché vengano realizzati pienamente i trasferimenti di funzioni dallo Stato centrale alle Regioni che richiederanno l'autonomia differenziata, sicuramente è un passo avanti rispetto alla situazione precedente di stallo ventennale. Una situazione, tra l'altro, creata dalla riforma costituzionale del Titolo V, risalente al 2001. E voluta proprio dal centrosinistra.
La firma di Mattarella, peraltro, arriva casualmente esattamente all'indomani del video con il quale la premier Giorgia Meloni ha ricordato proprio la paternità dell'autonomia differenziata, con una «controrivendicazione» inoppugnabile. Nel video, la presidente del Consiglio se l'è presa con la «ridicola» opposizione «scomposta» che la sinistra ha fatto alla riforma dell'autonomia differenziata. Raccontando, «per capire quanto siano sinceri quando muovono questa continua accusa di voler spaccare l'Italia», qualche «antefatto». Ossia, appunto, che l'autonomia differenziata «non è un'invenzione del centrodestra» o «della sottoscritta» ma «udite udite un principio inserito nella nostra Costituzione con la riforma del Titolo Quinto, varata nel 2001 e approvata tra l'altro a colpi di maggioranza sotto il governo di Giuliano Amato, governo della sinistra». Una riforma, ha proseguito Meloni, che era «l'approdo di un percorso iniziato addirittura nel 1997 dal governo Prodi e proseguito con i governi di Massimo D'Alema».
Insomma, l'autonomia differenziata era già in Costituzione «grazie alla sinistra», ha chiosato la premier, spiegando che «noi abbiamo individuato una cornice di regole entro le quali sarà possibile dare attuazione» a quella riforma. Che, da ieri, con la firma di Mattarella, è stata promulgata.
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