Salvini l'americano. Il leader della Lega è stato il primo a esultare per la vittoria di Donald Trump e rivendica di averlo sempre sostenuto, anche nei momenti in cui la stella del tycoon sembrava appannata. Dopo le dichiarazioni di giubilo e la cravatta rossa, il prossimo passo, per il vicepremier leghista, è un viaggio a Washington alla corte del neo-presidente americano. Ancora non c'è una data, ma dalle parti di Matteo Salvini sperano di poter fare i bagagli per l'America «nei prossimi mesi». Con l'anno nuovo. Una volta che The Donald si sarà insediato alla Casa Bianca. In ogni caso, dall'entourage del segretario del Carroccio, confermano che sono stati avviati i primi contatti diplomatici, portati avanti a livello di staff. Tra gli esponenti leghisti più «trumpiani», però, si può annoverare sicuramente l'ex eurodeputato Marco Zanni, già presidente del gruppo europeo sovranista di Identità e Democrazia. Così, mentre Meloni elogia l'imprenditore visionario Elon Musk e sente telefonicamente Trump, Salvini prepara la sua missione politica a Washington. Il vicepremier scommette sul tycoon. Anche perché, come ha ricordato lui stesso, «sono ben contento di essere stato uno dei pochi in Italia a non nascondere la preferenza». Salvini ha anche sottolineato che, su Trump, nel «centrodestra c'erano pensieri diversi». Il leader della Lega continua con le sue dichiarazioni a favore del presidente americano. «La rielezione di Donald Trump risolverà il conflitto in Ucraina. Ne sono sicuro, perché Trump ha la statura, l'interesse e le relazioni personali per porre fine ai troppi conflitti apertisi negli anni e quindi Russia e Ucraina, Israele e terroristi islamici, Iran. È l'unico che può farcela», dice Salvini da Bologna, dove si trovava ieri per presentare la lista dei candidati della Lega alle prossime elezioni regionali in Emilia-Romagna. «Robert de Niro diceva Se vince Trump me ne vado. Accoglietelo a Bologna, quindi. C'è tutta questa serie di presunti espatriati, se vince Trump me ne vado». Fortunatamente, non votano solo i miliardari. Non votano solo i rapper, i trapper», aggiunge, pungendo sul tema degli endorsement alla dem Kamala Harris arrivati da una serie prestigiosissima di pezzi da novanta dello showbiz a stelle e strisce.
Leggermente più sfumata, anche se di certo non ostile a Trump, è la posizione del governatore del Veneto Luca Zaia. I dazi americani «preoccupano, certo. L'Europa dovrà saper difendere i suoi interessi, e l'Italia con Giorgia Meloni può diventare il Paese che dialoga e media per conto dell'Europa con Donald Trump», spiega il leghista Zaia in un'intervista a Il Foglio. «Confido molto nelle capacità dimostrate da Giorgia Meloni in politica estera.
E non si può non vedere che l'Italia oggi non ha soltanto lo storico vincolo di amicizia che la lega agli Usa ma ha anche un rapporto di affinità politica dovuta all'amicizia tra governi. Anche a Matteo Salvini va riconosciuto di avere sempre sostenuto Trump», aggiunge.
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