C'è una guerra parallela, che va avanti insieme a quella, terribile, sul campo. È fatta di parole con accuse, difese, proclami. Racconti reali che si mischiano con la propaganda, sempre presente durante un conflitto e che in alcuni sfocia nell'assurdità più totale a cui nessuno può credere, nemmeno chi la pronuncia. Che poi a parlare sono un po' sempre gli stessi. Nell'ultimo periodo a spiccare sono le dichiarazioni di Yevgeny Prigozhin, capo della brigata di mercenari Wagner. Un po' perché il suo squadrone sta cingendo d'assedio la città di Bakhmut, diventata l'epicentro dello scontro. Un po' perché dopo essere stato di fatto tagliato fuori dalla catena di comando russa, che ha deciso di silenziarlo per le polemiche con lo stato maggiore, lui affida quotidianamente ai social le sue parole. Spesso deliri, a volte uno spaccato del conflitto che i canali ufficiali russi tendono a censurare.
Per quanto riguarda il conflitto, Prigozhin dice che il suo gruppo si trova ormai a poco più di iìun chilometro dal centro di Bakhmut. In un video mostra un edificio e spiega: «Si tratta di un edificio di cinque piani da cui proviene il fumo: l'edificio dell'amministrazione comunale, il centro amministrativo della città». Il capo dei mercenari spiega però di aspettarsi a breve una controffensiva ucraina nel Nord della città. Parole che sembrano trovare parziale conferma dal report dell'intelligence britannica secondo cui la linea del fronte è diventata una «zona di neutralizzazione» che impedisce ai Wagner di avanzare, nonostante le forze ucraine restino vulnerabili. «Il gruppo Wagner ha preso il controllo della maggior parte del settore orientale della città, le forze ucraine controllano la parte occidentale», spiegano i britannici, dicendo che la città è di fatto una «killing zone», una zona di massacro, dando l'idea di quanto sia sottile il confine che porta Bakhmut da una parte o dall'altra. Ma uno dei problemi di Prigozhin, oltre a quello di essere finito della lista dei criminali internazionali per le sue azioni violente oltre ogni convenzione, è quello di esagerare. Anche a parole. Al punto che ieri in un altro video si dice pronto ad una bizzarra carriera politica a guerra finita. «Ho deciso che mi candiderò per la presidenza dell'Ucraina. Se diventerò presidente andrà tutto bene, non ci sarà più bisogno di munizioni». Le stesse munizioni che continua a chiedere a Mosca e che secondo il segretario del Consiglio di Sicurezza ucraino Alexei Danilov la Russia starebbe esaurendo.
Ma parole fuori luogo non arrivano soltanto da una parte. Nel bel mezzo di una guerra sanguinosa, il presidente ucraino Zelensky starebbe seriamente considerando di cambiare ufficialmente il nome della Russia in «Moscovia». L'idea è stata oggetto di una petizione online firmata da oltre 25 mila persone. «La questione richiede un'attenta considerazione sul piano del contesto storico e culturale», ha detto. Passi che lo scopo è quello di provocare, anche perché la maggior parte dei russi vive in zone ben lontane, sotto ogni punto di vista, dalla capitale e sarebbe irritata da questa scelta, ma probabilmente non si tratta di una reale priorità in questo momento. In ogni caso, durissima è arrivata la replica del sempre provocatore e violento vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev. Prima chiama Zelensky «il supremo nazista di Kiev», poi dice che l'Ucraina è soltanto uno «sporco Reich». Tra accuse e deliri, quasi stonano le parole di pace di Papa Francesco che dice di essere «disposto ad andare a Kiev. Voglio andare a Kiev. Ma a condizione di andare anche a Mosca. Vado in entrambi i posti o in nessuno dei due», nel tentativo di lanciare un'ipotesi di dialogo al momento quasi impossibile.
Intanto, emerge un altro particolare catastrofico riguardo il conflitto.
L'invasione russa in Ucraina ha causato danni ambientali stimati in oltre 50 miliardi di euro. Si tratta di dati relativi all'inquinamento del suolo, quello atmosferico, le foreste bruciate e gli edifici distrutti. «La Russia sta provocando una crisi climatica», spiegano da Kiev. E non solo quello.
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