Sembra uno sketch di Crozza che fa la parodia di Massimo Ferrero, l'ormai ex presidente della Sampdoria dimessosi ieri dopo essere stato arrestato a Milano per «bancarotta e reati societari» (nulla hanno a che vedere con la gestione del club blucerchiato).
Ma qui, a differenza che nelle scenette del programma «Fratelli di Crozza», non c'è niente da ridere. La situazione è «grave» e pure «seria», tanto per usare l'aforisma di Ennio Flaiano in versione riveduta e corretta.
Lo scenario è quello classico dei crac finanziari: società che sono «scatole vuote», bilanci manipolati e documenti fatti sparire. Almeno secondo l'accusa.
Gli avvocati del 70enne imprenditore romano (quartiere Testaccio) hanno tentato di ammorbidire la situazione («Il nostro cliente non si trova...»; «Non sappiamo dov'è...»; «Non abbiamo sue notizie...»; «Non è stato arrestato...»; «Lo stanno trattando peggio di Totò Riina...»), ma alla fine si sono dovuti arrendere.
La Guardia di finanza è arrivata ieri di buon mattino in un hotel di Milano per «prelevare» il vulcanico imprenditore dalla verve inesauribile. Le Fiamme gialle hanno così eseguito l'ordine di custodia cautelare emesso dalla procura di Paola, nel Cosentino, nell'ambito di un'inchiesta che ha portato ai domiciliari 5 persone, tra cui Vanessa e Giorgio Ferrero, rispettivamente figlia e nipote dell'imprenditore. Perquisita anche l'abitazione romana di Ferrero, il quale si è subito tirato fuori dal club ligure al fine di «isolare ogni pretestuosa speculazione rispetto all'U.C. Sampdoria e al mondo del calcio».
Ma di cosa è accusato esattamente Ferrero?
Scrive il gip: «In esecuzione di un medesimo disegno criminoso Massimo Ferrero quale amministratore di fatto della società Ellemme Group Srl dal 7 dicembre 2010 al 23 dicembre 2013 in concorso con il liquidatore della società sottraevano/distruggevano in tutto o in parte con lo scopo di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri o le altre scritture contabile, in modo da non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio o del movimento degli affari». E poi: «In particolare il 13 febbraio 2014 veniva denunciato il furto di un'auto, un'Audi, all'interno della quale vi era custodita una borsa in pelle contenente, tra le altre, tutta la documentazione contabile».
Provano a dipanare la matassa i legali di Ferrero: «L'arresto è legato al fallimento di quattro società operanti nel settore alberghiero, turistico e cinematografico (Ellemme Group Srl; «Blu Cinematografica Srl»; «Blu line srl»; «Maestrale Srl») con sede in provincia di Cosenza e che furono dichiarate fallite anni fa». Fin qui i termini giudiziari della vicenda.
Quanto invece all'aspetto - diciamo così - procedurale dell'inchiesta, i difensori di Ferrero non risparmiano critiche alla procura cosentina: «Lo stanno trattando peggio di Totò Riina. Abbiamo fatto istanza al tribunale di Paola per chiedere che Ferrero possa essere trasferito a Roma per presenziare alla perquisizione e all'apertura di una cassaforte. L'avrebbero concesso a chiunque, ma a Ferrero no».
Nell'inchiesta riguardante il crac delle società «calabresi», vengono contestati agli indagati i reati di «bancarotta fraudolenta aggravata, false comunicazioni sociali e vari reati societari». Fra le accuse a Massimo Ferrero, c'è anche la «distrazione di oltre 200mila euro compiuto attraverso un contratto di leasing per una Ferrari».
«Ferrero e un altro indagato - si evidenzia nel capo di imputazione - cagionavano il fallimento della società Maestrale Srl in quanto dal 12.03.2009 al 14.03.2013, distraevano dal patrimonio sociale la somma complessiva di 201.434 euro. In particolare, la fallita stipulava contratto di leasing riferito all'autovettura marca Ferrari modello F430 Spider, pagando l'intero piano d'ammortamento di 246.434 euro ed alienandola successivamente alla società V Production Srl introitando soltanto 45mila euro. Pertanto veniva distratta la somma complessiva di 2.012.434 euro».
Ai due medesimi imputati viene inoltre contestato anche «il contratto di leasing per uno yacht, in
presenza di un debito tributario di svariate centinaia di migliaia di euro». Tradotto: i conti non tornavano. E - per farli «tornare» - Ferrero avrebbe taroccato le cifre.Ma lui è sereno: «Storie vecchie, chiarirò tutto».
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