Un battesimo con funerale Già pronto l'aiutino al Senato

L'esordio di Gentiloni tra volti tristi e toni dimessi A Palazzo Madama decisive le assenze dei verdiniani

Un battesimo con funerale Già pronto l'aiutino al Senato

Un battesimo che sembra un funerale. Il primo vagito del governo Gentiloni? Nel vuoto o quasi. Va bene che il premier è stimolante come un litro di camomilla; va bene che verdiniani, grillini e leghisti, in polemica, salgono sull'Aventino; va bene che la liturgia parlamentare è meno elettrizzante della corazzata Potemkin; va bene tutto ma il dibattito di Montecitorio con cui nasce il sessantaquattresimo governo della Repubblica ha un che di surreale. Viene in mente il discorso del bivacco di Mussolini: «Potevo fare di quest'aula sorda e grigia...». In effetti la Camera è proprio sorda e grigia. Gentiloni parla, o meglio sussurra, a un'Aula semivuota. E chi c'è, sbadiglia. Venti minuti di Filtrofiore Bonomelli che se fossero stati di più si sarebbe sentito russare. I 5Stelle sono assenti del tutto, del Carroccio si presentano in quattro. I meloniani sono in due. I forzisti? Solo un manipolo. Ma loro sono opposizione. Stupisce, invece, che il Pd, partito di maggioranza relativa, mandi in Aula quattro gatti.

Si spera nel dibattito che segue. Se non i fuochi d'artificio, almeno un mortaretto, un petardo. Macché. Peggio che andar di notte. Anche perché la discussione, visto che si deve fare in fretta posto che la situazione è drammatica (ma non seria), è calanderizzata per l'una in punto. Il governo rientra in Aula, i deputati no. Mica vuoi saltare il pranzo? Così, su 630 nostri rappresentanti, al dibattito partecipano in ben 37. Il 5 per cento o giù di lì. L'esordio è di Matteo Mauri, un peone del Pd che, come tutti gli altri colleghi, arringa nel nulla. Immagine paradossale che farebbe saltare i nervi ai cittadini se non fosse che i parlamentari sanno bene come mimetizzarla. Siccome avviene tutto in diretta tv ma la telecamera inquadra soltanto chi parla, basta che tre colleghi accerchino l'oratore: due di fianco e uno sotto. In tv sembra il pienone in realtà è il deserto. A turno parlano tutti; all'unisono ronfano tutti.

È un guazzabuglio di sigle: intervengono i rappresentanti di Idea, di Fare, di Alternativa Libera Possibile, di Maie, delle minoranze linguistiche. Sui banchi del governo si sbuffa e soprattutto si chatta. Salvo Giuliano Poletti, gli altri ministri passano la giornata con la testa piegata sul telefonino. Il record è di Alfano. Commento sarcastico di un cronista: «Starà cercando dove sta il Kazakistan su google maps».

Il governo nasce in un clima da cerimonia funebre. 368 Sì, 105 No su 473 presenti. Oltre al clima c'è pure la sostanza politica, visto che oggi Gentiloni si sposterà a palazzo Madama per chiedere la fiducia anche lì. Ma al Senato i numeri traballano: senza l'appoggio dei 18 senatori di Ala per il premier sarà una corsa sul filo del rasoio. Sulla carta il premier può contare su 171 Sì con una maggioranza richiesta di 160. Gentiloni ha soltanto una decina di senatori per poter respirare: una bombola d'ossigeno non proprio carichissima.

Il fatto è che ai verdiniani, in maggioranza nel governo Renzi, non è andato giù il digiuno di poltrone. Il senatore D'Anna già minaccia: «Questo governo rischia di cadere da un momento all'altro». Praticamente un esecutivo che se non nasce morto, nasce con gravi problemi di salute. Ma rimanendo sulle metafore mediche, in Transatlantico già si giura: «Questo governo durerà. Lo terranno in vita con la respirazione artificiale perché nessuno vuole tornare a casa senza aver incassato almeno il vitalizio».

E ancora: «I verdiniani? Abbaiano ma non morderanno. Chi li rielegge più quelli lì?». Si fanno già le scommesse: Gentiloni vivrà in perenne ricatto ma vivrà. Gli aiutini? Basta uscire dall'Aula e abbassare il quorum. Battiquorum.

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