La spinta autonomista dei referendun nel Lombardo-Veneto per Forza Italia deve allargarsi a tutto il Paese e arrivare dritta nelle mani dei sindaci, quelli più vicini ai cittadini, eletti direttamente da loro e che ne conoscono i reali e assillanti problemi. Silvio Berlusconi ha detto chiaro che il programma del prossimo governo, che il centrodestra conta di guidare, dovrà prevedere una «riforma federalista nel quadro dell'unità nazionale». Ora il leader azzurro si riposa per qualche giorno nel centro Henri Chenot di Merano, diventato una sua seconda casa, prima di scendere a Palermo domenica, per la campagna elettorale delle Regionali siciliane del 5 novembre. Una visita in Trentino anche per visitare qualche immobile per valutarne l'acquisto. Intanto, i suoi preparano quella che hanno voluto chiamare la «Rivoluzione comune».
Sarà presentata il 10 novembre alla Conferenza programmatica sugli enti locali, che si terrà all'Auditorium Antonianum di Roma. Alle proposte per questo capitolo del programma elettorale del partito sta lavorando Marcello Fiori, il coordinatore azzurro per gli enti locali. E con lui alcuni dei sindaci di punta di Fi, da Massimo Mallegni che si è dimesso da primo cittadino di Pietrasanta dopo 13 anni proprio per impegnarsi sul progetto, a Gianluca Pasqui di Camerino che coordina i comuni del cratere terremotato dell'Italia centrale, al vicepresidente vicario dell'Anci Roberto Pella di Valdengo (Biella), a Guido Castelli, sindaco di Ascoli e Nicola Ottaviani di Frosinone.
I mille sindaci e i 5mila amministratori locali di Fi si erano già riuniti alla convention di Fiuggi di settembre, organizzata dal presidente dell'europarlamento Antonio Tajani, cui ha partecipato il Cavaliere, e ora sono pronti a mettere sul tavolo le proposte per l'autonomia in chiave azzurra.
«Riguardano innanzitutto il ruolo dei sindaci - spiega Fiori -, sui quali in questi anni sono stati spesso scaricati molti dei problemi del Paese, senza che avessero gli strumenti per affrontarli. Devono diventare più protagonisti e non subire solo le decisioni del governo centrale. Le nostre proposte riguardano la sicurezza urbana; la lotta alla povertà (quella vera, del nucleo familiare non del singolo, da affrontare senza inutili bonus ma con un sostegno complessivo); lo sviluppo economico, con agevolazioni fiscali e burocratiche soprattutto a imprese medio-piccole; l'immigrazione, per arginare la moltiplicazione di centri d'accoglienza e prevedere che i prefetti non possano imporre ai comuni quote di stranieri ma debbano cercare un'intesa preventiva obbligatoria con i sindaci. E altro ancora».
Per Mallegni «non si può sottovalutare il voto di 5 milioni e mezzo di italiani per una maggiore autonomia», ma si deve capire che è «innanzitutto una protesta per i servizi insoddisfacenti e questi vanno migliorati, anche mettendo mano al progetto delle macroregioni, con degli accorpamenti tra le 20 esistenti».
Il riordino del sistema delle autonomie, per Castelli, «parte dalle risorse finanziarie ai comuni che, con la crisi, hanno subito tagli devastanti: così sono aumentate le tasse locali, ma i bilanci sono dimagriti per i prelievi dello Stato».
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