Berlusconi indica la rotta e il partito si mette a remare. E ieri le vogate erano compatte e all'unisono. In un'assemblea del gruppo a Montecitorio, presenti tutti e 50 i deputati, sono stati ribaditi i tre punti cardine della strategia berlusconiana. Primo: nessun inciucio con il Pd. Secondo: apertura di un tavolo sulla legge elettorale. Terzo: rilanciare il partito per non disperdere il patrimonio di consensi incamerati durante la battaglia sul No al referendum. Sul primo punto non c'è stata nemmeno una pallida obiezione: il capo del Pd ha fatto il pasticcio e adesso spetta a lui sbrogliare la matassa. Altrimenti detto: Renzi, dopo tutto quello che ha fatto con estrema arroganza, non può venire a chiederci di togliere le castagne dal fuoco. Forza Italia non entrerà in alcun tipo di governo, lo chiamino «istituzionale», di «salute pubblica» o delle «larghe intese». Il ragionamento che hanno fatto tutti è il seguente: noi eravamo all'opposizione e all'opposizione rimaniamo. La maggioranza ce l'ha il Pd, risolvano loro il rebus.
Una mano la darà il capo dello Stato verso il quale tutto il partito ha fiducia. È uomo rigoroso e rispettoso delle regole. Non solo: è pure di buon senso; ergo non accetterà i ricatti del premier che ha già, accecato dall'ira, lanciato il suo ultimatum: o governissimo con dentro tutti o voto subito. Anche perché il «voto subito è una fesseria, non sta in piedi», hanno detto in tanti. La legge elettorale è un nodo che va sciolto. E qui c'è il secondo pilastro della strategia berlusconiana. «Sulla legge elettorale saremo responsabili», ha detto il Cavaliere. Concetto ribadito anche ieri in assemblea. In più, come ha sottolineato Francesco Paolo Sisto, «La sentenza della Consulta, che si esprimerà il 24 gennaio, non è autoapplicativa. C'è bisogno di un passaggio parlamentare». Altrimenti detto: le leggi elettorali non le possono fare i giudici, seppur supremi. Tocca al Parlamento esprimersi. Inoltre c'è da rendere omogeneo il sistema di voto tra Camera (per ora c'è l'Italicum) e Senato (Consultellum). Della questione si occuperanno i capigruppo di Camera e Senato che apriranno una trattativa con chi vorrà sedersi al tavolo. Non si è entrati nel merito delle proposte anche se è noto che l'ex premier preferirebbe un proporzionale ritoccato in modo da garantire rappresentatività e governabilità. Non solo: c'è pure l'apertura alle preferenze. Magari non per tutti gli eletti ma quantomeno per una quota. Ma è inutile fare ragionamenti adesso; prima ci si deve sedere attorno a un tavolo. Altra questione: per Forza Italia spetta al Pd fare una prima proposta e non, come detto da Renzi, alle opposizioni.
Sui tempi del ritorno alle urne, s'è ragionato in questi termini: «Noi siamo responsabili. Non ha senso gridare al voto subito per ovvi motivi: non c'è una legge elettorale omogenea tra i due rami del Parlamento; e ci sono scadenze istituzionali cruciali». Le ha ricordate Brunetta: «C'è il G7 a maggio, il 26 giorno del mio compleanno». Ma poi altri appuntamenti in Europa, senza dimenticare la necessità di non abbandonare le popolazioni colpite dal terremoto. Ergo, meglio sperare in un governo che agisca nella pienezza delle sue funzioni. Ma senza il masochistico appoggio azzurro.
Naturalmente non si placa il pressing sugli azzurri affinché diano una mano a risolvere la crisi appoggiando un governo di transizione ma il Cavaliere non ci sente. Anche perché, se lo facesse, metterebbe una pietra tombale sul futuro della coalizione di centrodestra.
Meloni e Salvini, infatti, sul punto sono stati molto netti e non transigono: «Chi fa un governo con il Pd è un inciucista e non potrà mai più essere un nostro alleato». E l'unità dell'alleanza sta a cuore a Berlusconi, specie adesso che sulla legge elettorale c'è ancora un'incognita grande come una casa.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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