Berlusconi scarica la Lega, punta alla Grosse Koalition e lancia la candidatura a premier di Mario Draghi. Il Cavaliere è un fiume in piena e, prima al Senato coi suoi parlamentari, poi alla presentazione del libro di Vespa C'eravamo tanto amati, dà la linea ai suoi. Una svolta; perché dice chiaro e tondo che «il maggioritario non è più attuabile. Meglio il proporzionale». E con il proporzionale Forza Italia correrebbe da sola. Ergo addio alleanza con il Carroccio perché «non possiamo andare con i lepenisti». E se il proporzionale non passasse? «Sarà alleanza ma vedremo se gli alleati manterranno la parola data oppure no, come già altre volte è accaduto». La stoccata a Salvini arriva quando gli si ricordano le accuse di inciucio con la sinistra. Il Cavaliere è lapidario: «Il giovane comunista Salvini rimane ancora saldamente ancorato in lui e quindi molto spesso ha uscite non apprezzabili». Non solo. Le velleità di leadership del capo del Carroccio sono stroncate così: «Penso che Mario Draghi possa essere un perfetto prossimo nostro candidato premier». Salvini ma anche Renzi, Di Maio e Di Battista «sono abili in tv ma per governare occorre esperienza e saggezza».
L'alleanza scricchiola perché lo schema di Berlusconi è chiaro: ottenere il proporzionale, andare da soli e poi, dice, «guardo alla Grosse Koalition, al modello tedesco». L'appoggio non ci sarà adesso anche se «Forza Italia conferma la sua posizione di sempre: siamo all'opposizione ma siamo responsabili; al contrario della sinistra che ha sempre ragionato col tanto peggio tanto meglio». Nessuna nostalgia di Renzi perché «ha collezionato solo fallimenti, dal Jobs Act alla riforma della Pubblica amministrazione, dall'Italicum alla riforma costituzionale. Ha portato solo spese per l'Italia. E il Jobs Act è costato 20 miliardi e la perdita dei diritti dei lavoratori». All'inizio qualche illusione l'ha data: «Renzi, che pure viene dalla cultura della sinistra Dc, mi è piaciuto all'inizio, poi è emersa la sua arroganza. Non basta il dinamismo dei giovani». Rievoca la rottura del patto: «C'era un accordo su Amato presidente della Repubblica ma non ha mantenuto la parola». Amato che avrebbe potuto affrontare alcuni temi di giustizia come un'eventuale amnistia per alcuni reati. Nulla contro Mattarella su cui, anzi, «do un giudizio molto positivo. L'inizio del suo settennato è da apprezzare. Mi sono distinto da lui solo sulle condoglianze troppo delicate nei confronti del dittatore Castro».
E condiviso con Mattarella è anche il pensiero che «questo governo deve durare fino a quando non sarà fatta una legge elettorale armonica tra Camera e Senato». Quindi lancia l'Assemblea costituente: «Ho sentito che qualcuno ha fatto l'ipotesi di un'Assemblea costituente. Sono favorevole: 50 politici e 50 esperti eletti dagli italiani».
Insomma, Berlusconi ancora in campissimo: «Dobbiamo guardare al futuro con il sentimento di poter competere con tutte le forze politiche. Forza Italia è al 13,3% pur in assenza del suo leader. Ma arriverà al 23%. Godo di più considerazione di ogni altro momento». Sembra applaudire al reddito di cittadinanza, cavallo di battaglia dei grillini: «È giusto». Ma poi stronca il Movimento 5 Stelle: «È giustizialista e pauperista, visto che vogliono la reintroduzione della tassa di successione al 50%».
Parla anche dei suoi ex successori: «Io non ho mai bruciato nessuno. Sono loro che se ne sono andati perché affezionati alla poltrona di ministro». Riferimento ad Alfano. Poi, su Parisi: «Gli avevo offerto di fare il coordinatore di Forza Italia. Mi disse di no. Gli chiesi se voleva fare un movimento suo e mi disse di no. Pensai: perfetto, vuole solo trovare gente nuova. E invece... E poi di gente nuova non ne ha trovata nessuna».
Quindi ammette candidamente di essersi pentito di aver appoggiato Monti e Letta e stronca i 1.000 giorni di Renzi: «Ha lasciato solo macerie. Lui ha una grandissima fiducia in se stesso. Ma la sua spavalderia è stata trasformata in antipatia e arroganza».
Ultimo graffio al Carroccio sull'Europa: «Le sue
istituzioni vanno cambiate ma non si cambiano gridando ma parlando con i leader europei». Così come fece il Cavaliere quando impose Draghi ai vertici della Bce. Lo stesso Draghi che ora il Cavaliere vedrebbe bene a Palazzo Chigi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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