Bibi da Biden. Su Gaza niente intesa

Il presidente: un "rapido" cessate il fuoco. Netanyahu punta a distruggere Hamas

Bibi da Biden. Su Gaza niente intesa
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Non poteva esserci preludio più dissonante all'incontro tra Joe Biden e Benjamin Netanyahu. L'anziano presidente, nel suo messaggio alla nazione di mercoledì sera dallo Studio Ovale della Casa Bianca, aveva promesso per i restanti sei mesi del suo mandato di «continuare a lavorare per mettere fine alla guerra a Gaza, riportare a casa tutti gli ostaggi e portare pace e sicurezza in Medioriente».

Il premier israeliano, poche ore prima, nel suo discorso al Congresso, aveva esposto la «sua» visione per la fine della guerra, tra gli applausi scroscianti dei Repubblicani al gran completo e quelli assai più timidi dei Democratici decimati dalle assenze: «Vittoria totale» contro Hamas. Sui tempi, nessun accenno. E nessun riferimento, nemmeno vago, alla Soluzione dei Due Stati, caposaldo di questa amministrazione. Un discorso, quello di Netanyahu, che l'ex speaker della Camera Nancy Pelosi (anche lei assente) ha definito, «di gran lunga il peggiore discorso di qualsiasi dignitario straniero invitato e onorato del privilegio di parlare al Congresso degli Stati Uniti». Da un lato, quindi, un presidente in scadenza che punta a una veloce soluzione del conflitto, per completare la sua «legacy» di politica estera con la ripresa delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita. Un obiettivo che sembrava a portata di mano della diplomazia Usa, prima del 7 ottobre. Per Biden sarebbe un traguardo in grado di superare per importanza gli Accordi di Abramo ereditati dall'amministrazione Trump.

Il presidente dirà che serve «rapidamente» un cessate il fuoco, riferiva il portavoce del Consiglio per la Sicurezza nazionale, John Kirby, mentre i due leader discutevano nello Studio Ovale. Dall'altro lato, c'è un premier israeliano, quasi «costretto» a incontrare l'anziano presidente uscente in occasione della sua visita a Washington, ma che sa bene che i suoi veri interlocutori ora sono Kamala Harris e Donald Trump.

Nelle brevi battute scambiate prima che le porte dello Studio Ovale venissero chiuse ai cronisti, Netanyahu ha nuovamente reso omaggio a Biden, ripetendo quanto detto il giorno prima: «Da fiero sionista ebreo a un fiero sionista irlandese-americano, voglio ringraziarla per i suoi 50 anni di servizio pubblico e i 50 anni di sostegno allo Stato di Israele». Di fatto, un commiato. Dopo il colloquio con Biden e l'incontro con le famiglie degli americani ancora ostaggio di Hamas, Netanyahu ha fatto poche decine di metri per entrare nell'Eisenhower Executive Office Building, dove ha sede l'ufficio di Kamala Harris.

La vice presidente e candidata in pectore dei Dem aveva disertato il discorso del premier al Congresso. Motivo ufficiale, precedenti impegni elettorali. Una mossa che le è valsa un attacco di Trump: «Volta le spalle a Israele» - nonostante fosse assente anche il delfino del tycoon, JD Vance, anche lui impegnato nella campagna. Su Israele e la guerra a Gaza, così come sugli altri temi di politica estera, Harris deve ancora uscire allo scoperto nella sua nuova veste. Probabilmente, come sta facendo per le questioni di politica interna, costruirà su quanto fatto finora dall'amministrazione della quale è ancora vice titolare, senza però proporsi come una copia carbone di Biden.

«Si possono criticare specifiche politiche del governo israeliano, pur continuando a sostenere con forza lo Stato di Israele e il popolo di Israele.

E questo sostegno a Israele non è in alcun modo in conflitto con la ferma convinzione della vice presidente secondo cui il popolo palestinese merita libertà, dignità e autodeterminazione», ha detto prima dell'incontro il vice consigliere per la Sicurezza nazionale di Harris, Dean Lieberman. Una delle chiavi del rapporto che la possibile presidente Harris costruirà con Israele sarà il marito, Doug Emhoff, di religione ebraica. «Kamala Harris garantirà sempre che Israele possa difendersi», ha assicurato.

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