Biden choc in tv: "È l'operazione più dura di sempre. Non so come finirà"

Il presidente ammette: "Non sappiamo quanti americani ci sono". Un dossier lo inchioda. Un mese fa l'ambasciata Usa a Kabul lo aveva avvertito: "Sarà il caos". Ma la Casa Bianca non si è fermata

Biden choc in tv: "È l'operazione più dura di sempre. Non so come finirà"

New York. Gli Stati Uniti erano a conoscenza del rischio collasso in Afghanistan. Ad avvertire l'amministrazione di Joe Biden dell'imminente avanzata dei talebani e della possibilità che l'esercito afghano non fosse capace di fermarla è un documento interno al dipartimento di Stato, firmato da 23 funzionari dell'ambasciata americana a Kabul. Due fonti riservate hanno riferito al Wall Street Journal che il dispaccio fu inviato il 13 luglio scorso al segretario di Stato Antony Blinken e al direttore della pianificazione politica Salman Ahmed: i diplomatici mettevano in guardia sul rischio di un possibile collasso dello stato afghano subito dopo il ritiro delle truppe statunitensi.

Nel frattempo il presidente Usa è tornato a parlare alla Nazione dalla Casa Bianca difendendo le sue decisioni e sottolineando che gli alleati di Washington in tutto il mondo «non stanno sollevando alcun dubbio sulla nostra credibilità». Ha anche ribadito che gli Stati Uniti non hanno più alcun interesse nazionale in Afghanistan dopo la sconfitta di Al Qaida, assicurando che «sono l'unico Paese al mondo a poter organizzare un'evacuazione del genere e rispetteranno i loro impegni». Nei giorni scorsi altri media Usa hanno rivelato analoghi moniti da parte dell'intelligence americana, ma il memo rappresenta la prova più chiara che l'amministrazione Usa era stata avvertita del potenziale crollo della capitale con la segnalazione delle rapide conquiste dei talebani e del conseguente crollo delle forze di sicurezza afghane, oltre a consigli su come contenere la crisi e accelerare le evacuazioni. Le fonti hanno spiegato che si esortava a iniziare subito (a sei settimane dalla prevista fine del ritiro delle truppe), la registrazione e la raccolta dei dati personali dei cittadini afghani che avevano lavorato come interpreti o traduttori per gli Stati Uniti e possedevano i requisiti per ottenere un visto speciale, del personale locale dell'ambasciata e delle altre persone che avevano il diritto di trasferirsi in Usa come rifugiati. Inoltre, il dispaccio chiedeva di non iniziare i voli per le evacuazioni più tardi del 1 agosto, e invitava il dipartimento di Stato a utilizzare un linguaggio più duro nel condannare le atrocità commesse. L'indiscrezione è destinata ad alimentare il dibattito su quanto le autorità civili e militari statunitensi fossero al corrente del rischio di un repentino collasso dello stato afghano e dell'inadeguatezza dell'esercito di Kabul a contrastare i talebani. A luglio Biden aveva affermato che un crollo del governo afghano e una presa di potere dei talebani era «altamente improbabile». E mercoledì, il capo di stato maggiore, generale Mark Milley, ha ribadito al Pentagono che non era previsto un crollo così rapido del governo: «Non c'era niente che io o chiunque altro abbiamo visto che indicasse un crollo di questo esercito e di questo governo in 11 giorni». Parole smentite clamorosamente dal memo diffuso dal quotidiano newyorkese. Intanto sarebbero ancora tra i 60mila e gli 80mila gli americani e gli afghani che hanno lavorato per gli Usa in attesa di essere evacuati da Kabul. Circa 10mila - secondo Cbs News - sarebbero cittadini statunitensi, anche se finora l'amministrazione Biden non ha fornito una stima di quanti americani devono ancora essere portati fuori dall'Afghanistan: «non sappiamo quanti siano o dove si trovino», ha ammesso Biden, sottolineando che finora sono state evacuate «quasi 13mila persone». «Da quando vi ho parlato lunedì abbiamo fatto significativi progressi, lavoriamo in stretta collaborazione con la Nato - ha spiegato - faremo tutto quello che è necessario per garantire un'evacuazione sicura. Ogni americano che vuole tornare a casa lo porteremo a casa. La prossima settimana abbiamo concordato un G7 per coordinare lo sforzo delle maggiori democrazie».

Tuttavia, ha avvertito che l'operazione di evacuazione da Kabul è «una delle più difficili della storia», affermando che non è in grado di garantire «l'esito finale». Ma «come comandante in capo siate sicuri che mobiliterò ogni risorsa necessaria».

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