"Bloccato a Panama ma sono innocente. Ora voglio soltanto ritornare in Italia"

Il trader Stefano Conti costretto a stare in Sudamerica nonostante la sentenza di assoluzione

"Bloccato a Panama ma sono innocente. Ora voglio soltanto ritornare in Italia"

Stefano Conti non può lasciare Panama. Il giovane trader, brianzolo di Cesano Maderno, è stato assolto in primo grado, dopo 423 giorni di carcere. La pena richiesta dal pm era di ben 30 anni. Ma la sentenza stabilisce che il fatto contestato non sussiste. E Stefano deve aspettare l'esito dell'eventuale appello. Conti è stato imputato per tratta di esseri umani a scopo sessuale. Il quarantenne urla la sua innocenza e dichiara di averla provata con i fatti, ora ha soprattutto una volontà: tornare in Italia.

Perché deve restare a Panama?

«La loro prospettiva è di rifare il processo in appello. Attenzione: nella sentenza c'è scritto che sono stato assolto perché non colpevole. L'equivalente, in italiano, del fatto non sussiste. Diverso, ad esempio, sarebbe stato per mancanza di prove».

Per lei, questa precisazione non è un dettaglio.

«No, quelli che ho dimostrato sono fatti successi, provati e comprovabili. E la giudice, emettendo la sentenza, ha eliminato le misure cautelari a tutti gli imputati. Tuttavia, è stato mantenuto l'impedimento a lasciare il Paese».

Lei è stato accusato di reati molto gravi.

«Il motivo per cui si sono accaniti contro di me è una statistica, purtroppo io sono vittima di una statistica».

Cosa intende per «statistica»?

«Panama è attenzionata anche dall'Onu per questo problema. Nei night le ragazze vengono trattate male, devono accettare di vendersi al prezzo stabilito...Io ho frequentato qualche volta quei locali che sono frequentati da tutti».

Quindi non le mancava nulla?

«Se avessi abitato a Milano, si sarebbe detto direbbe abitavo nella Milano bene».

Pensa che le circostanze abbiano avuto un ruolo?

«Un insieme di circostanze. Avranno detto eccolo qua, quello che ci serviva».

Cosa chiede ora allo Stato italiano?

«Io credo di aver dimostrato abbastanza. Il processo me l'hanno fatto. Volevo un giusto processo e devo dire che l'ho avuto. Ora sono spaventato, credo sia normale. Qualunque essere umano lo sarebbe. Adesso chiedo gentilmente di andare via, perché anche io ho una famiglia. Tornare in Italia, sì, anche se andare via da Panama già basterebbe».

Ha vissuto brutte esperienze in carcere, vero?

«Il primo console che è venuto a trovarmi, e parliamo di due anni e mezzo fa, più o meno, venne in carcere. E io gli dissi: Caspita, ma se uno si sente male qua come fa?. E lui mi disse: Eh, purtroppo lo so».

Può raccontarci di più sulle condizioni del carcere?

«Quel carcere è su una montagna, a un'ora dalle strade. Non essendoci l'acqua, non essendoci le condizioni igieniche, non entrando le medicine... quando si ammala uno, si ammalano tutti. Io ho avuto la scabbia, perdevo sangue da tutte le parti. Per curarla ci ho messo tanto tempo. E anche ora ho problemi di salute. Ho delle cicatrici e dei disturbi. L'ho anche fatto presente al processo».

Ha cercato di denunciare le condizioni del carcere da dentro?

«Ho anche fatto una richiesta al ministero della Sanità nazionale: organizzare un pronto soccorso, perlomeno inserire un infermiere».

C'è qualcuno che vuole ringraziare?

«Dal punto di vista politico, l'onorevole Andrea Di Giuseppe, di Fdi. Mi è sempre stato vicino ed è venuto anche durante il processo. Il che non significa che mi abbiano favorito per la sua presenza. Vuol dire che hanno sentito una presenza forte. Che è stata importante nel processo, perché io sono innocente. Se Di Giuseppe non ci fosse stato, probabilmente sarebbe andata peggio».

Ha avuto contatti con la Farnesina?

«Mi sento un miracolato. La prima volta che ho avuto contatti con la Farnesina mi hanno detto che ci sono 7mila italiani detenuti all'estero. Io ho avuto la possibilità di avere Di Giuseppe al mio fianco».

Qual è la situazione ora?

«La situazione è delicata, perché Panama ha perso e ha perso male. Chiamiamolo un errore giudiziario. Poi un giorno vedremo se entrare nei dettagli del quanto sia stato voluto».

Alcuni hanno paragonato la sua vicenda al caso dei Marò.

«Sono stato paragonato ai Marò, sono stato paragonato a Chico Forti. Chico Forti, che è sempre stato aiutato dall'onorevole Di Giuseppe. In quel caso c'è un morto. A me dispiace, e magari lui è innocente, però almeno lì un morto c'è. Lo avranno incastrato o no, io non lo so, però una persona è morta. Qui non è morto nessuno. E sono anche stato dichiarato innocente, credo che sia mio diritto tornare, visto che, considerato che se dovessero rifarmi il processo, vorrebbe dire aspettare un anno e mezzo».

Anche perché lei ha già fatto una lunga battaglia legale.

«Io ho fatto una guerra senza precedenti, e l'ho fatta con i miei avvocati. Sarebbe anche opportuno nominarli: l'avvocato Manuel Calvo, alla quale gli devo metà della mia vita, se non tre quarti, e Kati Ramos. Voglio anche ringraziare i miei avvocati italiani che hanno seguito passo passo il mio processo. L'avvocato Vincenzo Randazzo e l'avvocato Valter Biscotti».

Ci tiene molto a ringraziare queste persone?

«È giusto, perché comunque sono le persone che, alla data di oggi, rimangono disponibili sempre, anche all'ambasciata, per esempio. All'ambasciata piace relazionarsi con i miei avvocati. E poi c'è il console».

Il console le è stato di supporto?

«Mi ha abbracciato in aula durante l'assoluzione. Ho proprio visto che era lì - come dire - a tifare per me. Poi, chiaro: ognuno ha il suo Dio e le sue scaramanzie, non voglio entrare nel merito di quello che pensa lui».

Lei è soddisfatto dell'esito del processo.

«Mi hanno accusato di un delitto gravissimo, ma non esiste una persona sulla faccia della Terra che possa sostenere che io abbia commesso quel reato».

Ha delle limitazioni ora?

«Al momento non ho limitazioni, però - come detto - non posso andare via».

Può avere un telefono.

«Sì, sì, posso avere tutto, avrei potuto averlo anche prima.

Ma come posso dirle? Non mi sembra giusto dover aspettare qui. Io sono anche in regola. Voglio dire, i miei coimputati, di fatto, sono qui con visti scaduti. Io, invece, ho sempre vissuto qui e non vedo perché adesso, dopo tutto quello che abbiamo dimostrato, debba subire questo».

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Avatar di giordano15 giordano15
10 ore fa - 12:51
dato che la sentenza d'innocenza è in appello, Conti deve aspettare finchè l'assoluzione è confermata.Spero ch'è veramente innocente è che la giustizia del Panama non è come quella americana o italiana d'adesso
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Avatar di giordano15 giordano15
10 ore fa - 12:51
dato che la sentenza d'innocenza è in appello, Conti deve aspettare finchè l'assoluzione è confermata.Spero ch'è veramente innocente è che la giustizia del Panama non è come quella americana o italiana d'adesso
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