Maglietta sportiva, pantaloni corti e bocca chiusa. Così, scortato dagli agenti della polizia penitenziaria, si è presentato nell'aula del tribunale di Bologna Giovanni Padovani, lo stalker che martedì sera ha ucciso l'ex compagna Alessandra Matteuzzi a colpi di mazza, martello - nascosto dietro a un albero - e persino di una panchina. Davanti al gip Andrea Salvatore Romito il calciatore marchigiano non ha proferito parola, mentre il suo legale Enrico Buono si è limitato a dire: «Non era la sede per chiedere scusa. È molto provato».
Negli atti dell'ordinanza con la quale ieri il giudice ha convalidato l'arresto e disposto il carcere per Padovani emergono particolari sempre più scioccanti, come l'uso di una panca in ferro scagliata ripetutamente sul corpo della donna e la premeditazione dell'assassinio. Martedì sera Padovani era infatti arrivato con uno zaino in spalla, all'interno del quale aveva messo un martello, quello usato per colpire la 56enne, poi nascosto dietro a un albero. Ma a colpire è anche il controllo ossessivo dell'uomo, che durante la relazione sospettava tradimenti - come spiega l'avvocato Giampiero Barile, nominato a rappresentare la sorella della vittima: Alessandra era costretta a girare video ogni dieci minuti e ad inviarglielo su Whatsapp, dove fosse ben visibile l'orario e il luogo in cui si trovava. Se non rispondeva alle telefonate o se il video tardava erano scenate. Per questo motivo la donna si era convinta a denunciarlo lo scorso 29 luglio. «La teneva sotto scacco a distanza - spiega il legale -, chiedendole spessissimo di mandare foto e video del luogo in cui si trovava e delle persone che frequentava spinto dalla gelosia. In alcune situazioni le chiedeva anche di filmare l'orario dal luogo in cui si trovava per verificare che diceva la verità».
E poi ci sono le minacce, i pedinamenti, i raid: prima del delitto le aveva messo lo zucchero nel serbatoio dell'auto, tagliato le gomme della macchina e sottratto le chiavi di casa. Così, quando Alessandra ha smesso di rispondere alle sue chiamate, lui è partito per Bologna portando un martello con sé. «Non riusciva ad accettare la fine della relazione, nutriva un desiderio ossessivo», scrive il gip nell'ordinanza, che ha disposto il carcere per il calciatore anche «per tutelare i familiari della Matteuzzi, esposti al rischio di ritorsioni». Padovani - scrive ancora il giudice, era mosso da «delirio ossessivo di gelosia e intento vendicativo». Poche ore dopo l'udienza, ieri si è invece tenuto l'autopsia sul corpo della vittima, che dovrà chiarire gli ultimi dubbi legati alla dinamica del delitto.
Ma le cronache delle ultime ore disegnano la mappa di un fenomeno violento che non conosce confini regionali. Neppure 48 ore dopo i fatti di Bologna, infatti, a Roma si è infatti rischiato il 72esimo femminicidio dall'inizio dell'anno. Diverse dinamiche, simile brutalità. La vittima è questa volta una ragazza, minacciata con un coltello dall'ex in pieno giorno. Lo stalker si presenta sotto l'abitazione dell'ex compagna, convivente con un altro uomo, e minaccia la 31enne brandendo un coltello di 30 centimetri. In preda al panico, la ragazza chiama i carabinieri della stazione di Nerola, nell'area metropolitana di Roma.
A quel punto il 35enne, appoggiato da un complice, prima cerca di nascondere l'arma invano e poi aggredisce i militari, che però riescono a disarmare l'uomo e lo arrestano. In manette finisce anche il complice, che nascondeva in tasca un secondo coltello. I due sono accusati di minacce alla ragazza e al suo compagno e di resistenza a pubblico ufficiale.
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