Bonino, la lotta come missione «Combatterò anche il tumore»

È lei stessa a raccontare la sua battaglia a Radio radicale e a lanciare la sfida in stile Fallaci: «Io non sono la mia malattia». Ma lo stop forzato la taglia fuori dalla corsa al Colle

Bonino, la lotta come missione «Combatterò anche il tumore»

S arebbe il presidente ideale: non perché donna, attributo che non aggiunge e non toglie nulla a un politico, ma lo sarebbe semplicemente perché è un'ottima persona. Nel mucchio del generone romano, certo una delle migliori. Lo sarebbe, ma il condizionale non dipende (più) dagli equilibrismi cervellotici, dalle manovre sottobanco, dagli intrighi e dai veti incrociati, bensì da un impedimento molto più insormontabile e carogna: mentre parte la battaglia per Quirinale, Emma Bonino comincia la sua personalissima battaglia contro il cancro.

In questi casi bisogna parlare di annuncio choc. Lo è. Secondo uno stile che si è fatto apprezzare negli anni, però, nessun mistero coltivato dietro lo schermo della privacy e nessun comunicato ufficiale al retrogusto burocratichese: la Bonino racconta la nuova storia della sua vita, senza scivolare in dettagli pietosi e strappalacrime, direttamente da Radio Radicale , la sua seconda casa. Solo una gran voglia di piangere, trattenendosi a fatica. Ma con enorme forza, la solita. «Da controlli di routine è emerso che ho il cancro ai polmoni - dice in diretta - Dovrò ridurre la mia attività, ma non ho intenzione di interromperla, perché da una passione politica non ci si dimette».

È una notizia dannatamente brutta, per tutta la nazione. Non bisogna essere radicali da un'eternità per avere comunque una buona opinione della Bonino. In questi decenni di paludi varie, non è mai finita nello squallore. Non è santa e non è perfetta, altro che. Ha condotto anche lei le sue battaglie un po' così, opinabili e discutibili. Ma è una delle poche ad avere sempre messo davanti la coerenza ideale ai bassi istinti di bottega, il che è tutto dire nell'ambientino frequentato. Una pasionaria dell'intelligenza, potremmo tranquillamente dire. Una donna come si deve, lontana dai pregiudizi, dai conformismi, una donna che magari non è il massimo ritrovarsi tutte le sere al rientro, pronta con la lista delle mancanze e delle negligenze, pronta a farti una testa così finché non ti decidi a capire, ma una donna che non ha mai assunto l'aria della suffragetta acida, della Giovanna D'Arco saccente, soprattutto una donna che non ha mai provato a fare l'uomo.

Adesso che si ritrova questa nuova belva in corpo, ha tutta l'aria di volerle rendere la vita difficile. Va bene, sempre a fumare come una turca e questo è il risultato, si sentiranno di dire i pasdaran del salutismo spinto, come se non sapessimo che comunque la belva si ritaglia spesso la libidine di aggredire anche chi non fuma, non beve, non fa nulla di nulla. Ma ha solo portato il primo colpo, questa fetentissima belva. Emma, come ci abitueremo tutti a chiamarla, è comunque pronta a rispondere senza paura. Ricorda già la Fallaci, nei toni e nei modi. L'aspetta la cayenna della chemio, le fatiche, le nausee e le spossatezze del ben noto protocollo anticancro, ma in diretta passa solo dignità. Dignità e coraggio. Basta sentirle, quanto sono belle le sue parole: «A tutti coloro che in Italia e altrove affrontano questa o altre prove, voglio dire così: dobbiamo solamente pensare che siamo persone chiamate ad affrontare una sfida. Insomma, io non sono il mio tumore e voi neppure siete la vostra malattia». Non è una sfida qualunque, è la madre di tutte le sfide: comunque una sfida da raccogliere e da combattere senza tremori e titubanze. È proprio ciò che pensano istintivamente gli indomiti lottatori della vita, quelli capaci di sopportare il peso dell'attacco e di non lasciarsi piegare subito, al primo ghigno malvagio del nemico. Ci vuole molta forza, non tutti sono tenuti ad averla. Si può morire di paura, prima ancora che di cancro. È umanissimo. Ma Emma conferma d'essere di roccia: se il cancro cercava rogne, ha trovato pane per i suoi denti. Toccante, quel suo modo di guardarlo dritto negli occhi, senza genuflettersi, incoraggiando i compagni di battaglia: «Noi non siamo la malattia.

Noi dobbiamo sforzarci di essere persone e di voler vivere liberi fino alla fine». Già era un bel presidente di suo. Adesso lo sarebbe ancora di più. Senza fretta, cara Emma, amica degli italiani: prenditi tutto il tempo, ci sarà una prossima volta.

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