Dieci giorni trascorsi insieme. Gli ultimi da «famiglia normale». Poi le strade divise quando il latitante era abbastanza lontano dall'Italia e forse abbastanza vicino ad una via d'uscita. «Era una vacanza, non una fuga», dice Antonella Colossi. Sembra quasi di immaginarlo il momento in cui Giacomo Bozzoli dà l'addio a compagna e figlio. Lei consapevole, il piccolo no. Soltanto prima di salire sul treno del ritorno la coppia comunica al bambino quanto stava accadendo. «Ma è stato uno shock per tutti noi dover dire che il padre si sarebbe allontanato e che io e lui saremmo tornati a casa», ha riferito Antonella Colossi ai carabinieri.
Anche il piano dell'ergastolano - condannato per l'omicidio dello zio Mario nel 2015 - comincia ora ad essere più chiaro: sembra che Giacomo abbia ideato una vacanza con la famiglia come trampolino di lancio per la latitanza. Nulla sembra casuale: la data di partenza, il silenzio totale, la destinazione finale. Per lo più Bozzoli aveva lasciato a casa il suo cellulare, l'ultimo che usava per i contatti personali e che i carabinieri hanno sequestrato nella villa di Soiano del Lago. E l'itinerario battuto da padre, madre e figlio racconta del loro viaggio: della speranza per lui, dell'illusione per loro. Grazie alle (poche e confuse) ricostruzioni fornite dalla donna ai carabinieri sembra che abbiano trascorso una notte a Cannes, in Costa Azzurra, dove lei avrebbe perso l'unico cellulare portato. Il giorno successivo ancora in auto, direzione Spagna. Una tappa anche a Valencia per visitare l'Oceanogràfic - il più grande acquario d'Europa. Poi ancora più ad Ovest fino ad arrivare a Marbella.
«Siamo una famiglia unita e avevamo deciso di andare in vacanza in Spagna con nostro figlio appena finita la scuola», ha detto la compagna di Bozzoli, che poi sembra difenderlo: «Giacomo contava molto sul fatto che la giustizia potesse dare una risposta diversa e quindi assolverlo dall'accusa di aver ucciso lo zio Mario Bozzoli. Non aveva programmato alcuna fuga». Com'è andata, allora? Tra un pianto e un sospiro di confusione, la gallerista d'arte dice: «C'è stata la condanna all'ergastolo che mi ha molto turbata, anzi sono ancora sotto choc e ho perso la memoria. Ho deciso di tornare in Italia con nostro figlio mentre Giacomo ha preferito rimanere in Spagna. Non so dire se tornerà».
Una testimonianza quella rilasciata dalla donna, sentita come persona informata dai fatti ma non indagata - che gli investigatori prendono con le pinze. La narrazione della vacanza stile «Mulino Bianco» non convince del tutto, sin dalla partenza dal Garda all'alba del 23 giugno a bordo della Maserati del 39enne. Erano davvero tutti insieme a Marbella oppure madre e figlio sono stati condotti in Spagna da una controfigura, mentre il fuggitivo faceva perdere le proprie tracce? È questo il leitmotiv intorno al quale continuano in parallelo le ricerche.
Dopo l'interrogatorio la donna e il bambino, che domani festeggerà il nono compleanno, si sono chiusi nella casa dei genitori di lei a Chiari, nell'Ovest Bresciano. Lontani da tutti e da tutto. Chiedendo il silenzio. «Non rilasciano dichiarazioni», fa sapere l'avvocato di famiglia Paolo Botticini.
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