Roma, 9 maggio 1978. Il corpo senza vita di Aldo Moro, cinque volte presidente del Consiglio, viene trovato nel bagagliaio di una Renault 4 rossa parchegggiata in via Caetani, a metà strada tra Piazza del Gesù e via delle Botteghe Oscure, dove hanno sede la Dc e il Pci. A trentasei anni di distanza il "caso Moro" continua a tenere banco nella saggistica italiana. E, qualche volta, anche nel dibattito politico. Tanti, troppi sono infatti i lati oscuri della tragedia che costò la vita al presidente della Dc, assassinato dalle Br dopo 55 giorni di prigionia. Alberto Menichelli, 85 anni, l'uomo che per 15 anni è stato l'autista e "ombra" di Enrico Berlinguer, ha scritto un libro sui suoi anni a fianco del segretario del Pci. Quello tratteggiato da Aldo Cazzullo, sul Corriere, è uno spaccato molto interessante sul leader comunista, con alcuni espliciti riferimenti anche al caso Moro. "Abbiamo avuto una segnalazione - disse Berlinguer a Menichelli -. Vai in via Caetani, c'è un mio amico che abita al primo piano, sali da lui e dimmi cosa vedi". Quando l'autista chiamò e descrisse la drammatica scena del ritrovamento del corpo, il leader del Pci rimase senza voce: "Mi aveva attaccato mil telefono, cosa che non aveva mai fatto. Era disperato: capiva che con Moro era morta la sua politica".
Nel suo libro di memorie Menichelli rivela anche un altro particolare inquietante: le Br pedinavano anche il leader del Pci. "Nelle loro carte avevano annotato le abitudini di Berlinguer, compresa la sosta ogni sera in latteria per comprare un litro di latte". Ma Berlinguer godeva di una protezione superiore a quella del leader Dc: "Con il maresciallo Leonardi - racconta l'autista - il caposcorta di Moro, eravamo amici. Ci invidiava le auto blindate che al presidente Dc erano state negate. Berlinguer aveva avuto la prima macchina blindata d'Italia: gli operai di Pisa ci avevano dato il vetro, i compagni di Roma avevano messo le lastre d'acciaio alle portiere. A lui non poteva accadere quello che accadde a Moro. Oltre alla blindata e all'auto della polizia, c'era sempre un'altra macchina del partito, ogni volta diversa per confondere le Br, che ci precedeva o ci affiancava". Insomma, un sistema di sicurezza parallelo a quello dello Stato. E nella scorta di Berlinguer alcuni poliziotti erano anche iscritti (o comunque vicini) al partito. Uno, racconta Menichelli, fu trasferito per punizione. Intervenne Ugo Pecchioli (per anni "ministro ombra" del Pci agli Interni) e ottenne di farlo trasferire a Lecce (sua città) anziché a Udine.
style="line-height: 1.538em;">Sprezzante il giudizio che Berlinguer aveva di D'Alema, all'epoca segretario dei giovani comunisti: "Non gli piaceva così tanto - ricorda Menichelli - troppo presuntuoso".
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