Ventimila morti da coronavirus. È questa la nuova soglia di lutti che il Brasile supererà nel fine settimana. In queste ore sono oltre 18mila le vittime e i casi 275mila, che ne fanno il terzo Paese più contagiato al mondo. L'altroieri è stata la giornata peggiore, un martedì nero con 1179 decessi in 24 ore e non è detto che le cose non peggiorino visto che il «picco della curva» è mobile perché varia a seconda delle regioni di questo Paese grande 30 volte l'Italia, con 215 milioni di abitanti e un inverno che, soprattutto nel Sud, fa temere un luglio in piena emergenza.
A San Paolo, metropoli di 11 milioni di abitanti e capitale economico finanziaria del Paese, il bilancio peggiore, con 5363 morti. A seguire Rio de Janeiro con oltre 3mila decessi, Fortaleza (Ceará), Recife (Pernambuco), Belem (Pará), Manaus (Amazonas) e Sao Luis (Maranhão). L'equipe sanitaria del governatore dello stato di San Paolo, Joao Doria, sostiene che il picco ci sarà a fine maggio ma nessuno ha più certezze.
Di certo c'è che da martedì il Parlamento di Brasilia ha imposto la mascherina obbligatoria a chiunque frequenti luoghi pubblici, pena una multa da 300 reais (l'equivalente di 45 euro) mentre l'Assemblea di San Paolo ha anticipato tutte le festività in programma nei prossimi mesi nella speranza di fare rimanere a casa, con stipendio pagato, i lavoratori sino a martedì prossimo. «Non è una settimana per andare in vacanza - ha ammonito Doria - ma un tentativo di aumentare l'isolamento». Lo spettro, infatti, è il lockdown paventato già dal sindaco, Bruno Covas, visto che le terapie intensive sono occupate al 71% dei casi negli ospedali della metropoli paulista. Nessuno, in realtà, vuole la «chiusura totale» perché, avendo come esempio l'Italia e tenendo a mente le parole dell'ex ministro della Salute Henrique Mandetta «chiudere è facile, il difficile è poi come e quando riaprire» - il timore è che alla crisi sanitaria se ne possa aggiungere una economica, di dimensioni ancora più catastrofiche. Non a caso, sempre l'altroieri, il Parlamento di Rio ha votato contro il lockdown a larghissima maggioranza, 55 i voti contrari alla chiusura totale, 13 gli astenuti e un solo voto a favore.
Anche perché, se si guarda ai morti, il Brasile che ha adottato chiusure più o meno rigide a seconda delle zone (ci sono lockdown in città di 11 stati su 26) oggi ha 85 decessi per milione di abitanti mentre il Perù, che ha imposto la chiusura totale da oltre due mesi, ne ha 89 e l'Ecuador addirittura 161.
Certo, come nel resto del mondo l'economia quest'anno crollerà. Ieri Goldman Sachs ha tagliato da -3,4% a -7,4% il Pil verde-oro per il 2020, ma a fare discutere di più è la crisi politica scatenata dal presidente Jair Bolsonaro che, dopo avere dato il cattivo esempio guadagnandosi la fama mondiale di «negazionista», ha costretto alle dimissioni due ministri della Sanità, il già citato Mandetta e Nelson Teich, in 28 giorni. Il suo obiettivo? Fare approvare al sistema sanitario pubblico (il cosiddetto Sus) l'uso dell'idrossiclorochina nelle fasi iniziali dell'infezione da Covid 19. Né Mandetta, né Teich avevano firmato il protocollo mentre ieri, il neo ministro della Sanità di Bolsonaro, il generale Eduardo Pazuello, lo ha fatto a tempo di record.
Usata anche da Trump e da molti medici nel mondo (insieme allo zinco e all'antibiotico azitromicina), la clorochina è l'ultima scommessa di Bolsonaro. Una scommessa fatta mentre la situazione in Brasile appare sempre più critica, al punto che lo stesso Trump si è detto ieri disponibile all'idea di chiudere tutti i voli dal Brasile se la situazione peggiorasse.
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