Brunetta e Gelmini verso Calenda che tratta con il Pd. Renzi fa la "lista R"

In dissenso anche Carfagna che riflette, lascia Cangini. Il nuovo polo lotta contro il tempo per affrontare le elezioni. Veto su Di Maio da parte dei leader di Iv e Azione. L’ex premier: noi in corsa da soli

Brunetta e Gelmini verso Calenda che tratta con il Pd. Renzi fa la "lista R"

Carlo Calenda dice sì all'area Draghi con Matteo Renzi. Ma poi tratta con il Pd per i collegi. Il grande Centro (o area Draghi) si muove con i passi di un elefante nella corsa ripida verso il voto anticipato a fine settembre.

Matteo Renzi e Carlo Calenda - a quanto risulta al Giornale - avrebbero avuto un lungo colloquio telefonico, nella giornata di mercoledì, prima dell'intervento in Senato del leader di Italia Viva.

I due politici avrebbero concordato la linea (anche alcuni passaggi dell'intervento di Renzi a Palazzo Madama) da tenere in caso di elezioni anticipate. L'orizzonte sarebbe quello di trasformare l'area Draghi in un progetto politico o lista elettorale. Renzi e Calenda avrebbero delimitato anche il perimetro dell'area Draghi: no al ministro degli Esteri Luigi Di Maio. Dovrebbe farne parte, invece, Giovanni Toti (Italia al Centro. È lo stesso Renzi, che nella serata di mercoledì, dopo la fine politica del governo Draghi, riunisce i fedelissimi e spiega: «Ci sono due ipotesi sul tavolo. La prima è l'area Draghi (quindi dà l'ordine di orientare la comunicazione su questo brand) da costruire con Calenda e Toti. Ma senza Di Maio». La seconda strada da percorrere è la corsa solitaria. Il simbolo della lista Renzi o progetto centrista renziano è già pronto: la R con sfondo blu che richiama tre parole. Renzi, Riformisti e Renew Europe (il gruppo Macron in Europa). Perché si ragiona sul piano b? I renziani non si fidano di Calenda. Infatti pare sia decollata nelle ultime ore la trattativa tra Enrico Letta e Carlo Calenda sull'intesa elettorale alle prossime elezioni politiche. Diverse fonti dem confermano la trattativa sui collegi. Ieri ci sarebbe stato un lungo colloquio tra Franceschini e Calenda per stabilire road map In questo caso, il Pd si libererebbe dall'abbraccio di Conte ma si accollerebbe Luigi Di Maio. Quindi, Calenda sarebbe costretto a cedere sull'ex capo grillino.

Dal campo largo al campo Letta-Di Maio-Calenda. Un'ulteriore conferma arriva da una dichiarazione di Benedetto Della Vedova, segretario di +Europa (partito federato con Azione): «Se ci alleeremo col Pd? Decideremo insieme, ci riuniremo nelle prossime ore. Abbiamo ammonito e cercato di spiegare in ogni modo al Pd che l'alleanza con i 5 stelle era senza prospettive. Era tutto previsto: i populisti fanno i populisti, non sono stupito di quello che ha fatto il M5S. Il problema è tutto nel campo del Pd. Non so quello che il Pd deciderà di fare noi nel frattempo abbiamo cominciato a costruire un'alternativa rigorosa alla destra sovranista e populista». Parole che - l'area Draghi legge «come l'evoluzione della trattativa tra Calenda e Letta». E allora Renzi carica i suoi: «Bisogna prepararsi al piano B, la corsa solitaria con la lista R».

Brunetta e Gelmini? I due ministri, dopo l'addio a Forza Italia, sarebbero in procinto di ufficializzare l'adesione ad Azione di Carlo Calenda. Che li porterebbe in dote al Pd di Letta. Mara Carfagna, terzo ministro Fi, non strappa ma apre una riflessione: «Sono grata al presidente Berlusconi per le opportunità che mi ha offerto e la fiducia che mi ha testimoniato in questi anni, ma quanto accaduto rappresenta una frattura con il mondo di valori nei quali ho sempre creduto che mi impone di prendere le distanze e di avviare una seria riflessione politica».

Il terzo acquisto di Calenda potrebbe essere Gaetano Quagliariello. Altro parlamentare, ex Fi, che guarda al progetto centrista è Andrea Cangini, che ieri ha ufficializzato l'addio agli azzurri. Il partito di Draghi (senza Draghi) punta a un solo obiettivo: il pareggio alle prossime elezioni politiche. Centrini, liberali e draghiani (di prima e seconda generazione) si muovono per costruire un'area elettorale che impedisca ciò che ad oggi i sondaggi registrano: il cappotto del centrodestra alle prossime elezioni. Il ministro degli Esteri, al netto dei veti di Calenda e Di Maio, prova a essere della partita: «L'agenda riformatrice di Mario Draghi non può cadere nella polvere, non può scomparire. Ci saranno tante persone dì buona volontà che nella prossima campagna elettorale ma soprattutto nei prossimi anni continueranno a portarla avanti. È un'agenda riformatrice coraggiosa ed è quello che è mancato ad alcuni partiti, il coraggio di andare avanti». Il tempo stringe. I draghiani consideravano un orizzonte temporale più lungo. Renato Brunetta era tra i teorici del voto a fine maggio: dieci mesi per consolidare le basi al progetto centrista e liberale. Il numero 10 resta invariato.

Con una differenza: adesso sono settimane. Meno di due mesi per federare i draghiani. Missione impossibile. Non basterebbe una legislatura completa per far andare d'accordo Calenda, Mastella, Renzi, Toti, Carfagna, Brunetta. Figuriamoci meno di due mesi.

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