Bruxelles accolga subito Kiev nella Ue

"È l'Ucraina che sta difendendo l'Europa"

Bruxelles accolga subito Kiev nella Ue

All'interno di un discorso importante, di un giorno importante, il presidente Zelensky ha affermato un concetto. Che, come tutti quelli che ambiscono alla verità, suona paradossale: «È l'Ucraina che sta difendendo l'Europa». Paradossale, perché a prima vista sembrerebbe tutto il contrario. E non solo: in termini di sanzioni, di armi, di appoggio politico e molto altro, l'Europa sta effettivamente aiutando Kiev. Ma il nocciolo di verità dell'affermazione del presidente ucraino sta in questo: che difendendo la propria sovranità e la propria libertà, Kiev impedisce che la stessa Europa, una volta caduta l'Ucraina, possa finire sotto il giogo di Mosca, a cominciare dai paesi confinanti, dalla Polonia a quelli baltici.

C'è poi un secondo livello di verità in quell'affermazione di Zelensky: è che, difendendo se stessa, l'Ucraina difende l'identità europea e occidentale, greco romana, cristiana e illuminista, contro il dispotismo orientale. Chissà se Zelensky ha letto un importante commento uscito sul Corriere della Sera il 7 febbraio, dove uno dei nostri massimi filosofi della politica, Biagio De Giovanni, spiegava che quella in corso è una «guerra filosofica», tra la concezione del mondo occidentale e il «potere orientale», incarnato dalla Russia, ma anche dai suoi alleati, dall'Iran alla Cina. Ci troviamo insomma ancora di fronte alla dicotomia tra Occidente e Oriente che, fin dalle guerre dell'antica Grecia contro l'Impero persiano, ha definito l'identità occidentale. Se tutto questo è vero, difendere l'Ucraina vuol dire difendere l'Europa. E se l'Ucraina si sta sacrificando anche per l'Europa, la richiesta di Zelensky di entrare nella Unione è ben più che legittima. È filosoficamente coerente. Solo che quando dalla retorica delle belle parole, dei bei gesti (la bandiera Ue offerta da Metsola a Zelensky), degli occhi umidi e delle voci spezzate, si passa alle scelte concrete, emerge il lato da burocrazia sovietica della Ue, con la primazia delle «procedure» e dei «regolamenti» e, dall'altro, le divisioni di piccolo cabotaggio tra i paesi.

Non era ancora finita la cerimonia, che già vi erano premier e ministri che smorzavano, «ci vuole tempo», «non vanno stravolti gli iter» e così via. E invece non ci vuole tempo perché tempo non ve n'è.

Buxelles dimostri un decimo del coraggio del popolo ucraino, faccia saltare tutti i protocolli, e consenta a Kiev di entrare nella Ue: non a guerra finita, ma ora. Perché solo questo potrà chiudere in maniera onorevole il conflitto. Diversamente, la giornata di ieri sarà stata solo un gran teatro dell'ipocrisia.

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