Le bufale online spaventano la Merkel Asse con Facebook in vista delle elezioni

Nuovi filtri sul social, ma alla censura ci pensa un'azienda indipendente

Le bufale online spaventano la Merkel Asse con Facebook in vista delle elezioni

Berlino - Alla fine il pressing del governo tedesco ha funzionato. Facebook ha annunciato che attiverà presto in Germania nuove misure contro la diffusione di fake news. «Per noi l'attendibilità dei post e delle notizie pubblicate su Facebook è importante», ha scritto sulle proprie pagine in tedesco l'azienda di Marc Zuckerberg, annunciando l'avvio di procedure più semplici e spedite per segnalare i post ritenuti falsi o diffamatori.

Nessuna autocensura: al di là di un controllo particolarmente serrato sulle foto di nudo non senza qualche scivolone perbenista il gigante dei social media ha sempre garantito un ampio margine di libertà ai propri utenti. La policy aziendale non cambia: anziché oscurate, le bufale politiche saranno segnalate come false dopo che un'organizzazione esterna e indipendente abbia accertato la loro palese infondatezza. Le storie marchiate come false non potranno essere né trasformate in annunci a pagamento da chi le diffonde né essere «promosse», sempre a pagamento, da altri utenti. L'escamotage con cui Facebook salva la propria immagine di piattaforma pudibonda ma libera sta dunque nell'assegnare il compito censorio a un ente terzo; nel caso di specie, a spulciare le fake news dei tedeschi sarà chiamata Correctiv, azienda no profit tedesca dedita al giornalismo investigativo.

La sperimentazione non parte dalla Germania per un caso fortuito. La circolazione di notizie non verificate, ma anche di post razzisti, preoccupa da tempo Angela Merkel. Mesi fa la cancelliera ha affidato al guardasigilli socialdemocratico Heiko Maas l'incarico di ottenere da Facebook come anche da Twitter e Google Spaces maggiori controlli e possibilmente anche una stretta sui contenuti postati dai loro utenti. La richiesta è maturata quando lo stesso governo si è reso conto che, oltre che a tenere in contatto gli amici e a condividere foto del cucciolo di casa, i social media possono essere utilizzati come strumenti di contestazione se non addirittura di propaganda antigovernativa. La politica di accoglienza ai profughi mediorientali dettata dalla stessa Merkel è stata la prima a finire nel mirino della protesta online e già lo scorso settembre Maas aveva incontrato i responsabili dei principali social per chiedere la rimozione entro 24 ore delle invettive islamofobiche, xenofobiche o antisemite.

A dargli man forte il capogruppo della Cdu al Bundestag, Volker Kauder, aveva ventilato sanzioni da 50 mila euro per ogni post razzista non censurato. L'avvio delle campagna elettorale in Germania (al voto il prossimo settembre) con Merkel insidiata da destra dai populisti anti-immigrati di Alternative für Deutschland ha contribuito a far crescere i timori del governo. La cancelliera ha paura di finire come Hillary Clinton, partita fortissima nei sondaggi ma poi sconfitta da destra forse anche con l'aiuto di una potenza straniera la Russia che le avrebbe dichiarato guerra online. La paura (elettorale) della guerra fredda (informatica) fa novanta e già lo scorso ottobre la leader tedesca aveva chiesto trasparenza negli algoritmi di ricerca ai principali operatori del digitale riuniti a Monaco per i Medientagen. La mancata trasparenza, aveva detto, «può portare a una distorsione della nostra percezione e a ridurre l'ampiezza delle informazioni ricevute».

La soddisfazione del ministro Maas per le misure annunciate da Facebook è ancora tutta da verificare. «Chi guadagna miliardi con le notizie false - ha dichiarato - è responsabile davanti alla società. E le notizie diffamatorie devono poter essere cancellate immediatamente».

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