Tutti, ma proprio tutti, lo tempestavano di domande sul virus: quanto durerà, come ci cureremo. E lui rispondeva, come un divulgatore scientifico fa. Che lo facesse pure con estrema chiarezza è un dettaglio.
Roberto Burioni, virologo al San Raffaele, non si è mai tirato indietro davanti ai mass media desiderosi di chiarimenti nel cuore della pandemia. Poi però si è pure sentito dire: «Sei sempre in tv, vieni pagato per altro, parli sempre». E lui, che è un uomo di scienza e non punta a fare il prezzemolino da prima serata, ha capito che era arrivato il momento di sparire dai riflettori. Era il 30 maggio quando l'infettivologo ha dichiarato: «Basta tv, basta interviste». E così ha fatto, usando come unico canale di comunicazione Twitter e i social. «Lì quotidianamente cerco di spiegare le novità scientifiche e chiarire ciò che accade».
Burioni è stato il primo, forse l'unico, a scegliere di limitare i suoi interventi televisivi, senza aspettare nessun Giorgio Trizzino della situazione. Lo ha fatto per buon senso. «Faccio il medico e voglio continuare a farlo - aveva dichiarato - Ho il solo desiderio di tornare in aula dai miei studenti che mi mancano». Per altro oggi Burioni, essendo professore universitario, con la cattedra di Microbiologia e Virologia all'università Vita e Salute San Raffaele, potrebbe dire in tv ciò che crede senza bisogno di nessuna autorizzazione da parte della sua struttura ospedaliera. Ma non intende farlo ancora per un bel po'.
La scelta era stata dettata, dice ora, «da un senso di misura» che non tutti hanno. «Pensare che, prima di maggio, io non andavo nelle trasmissioni a dibattere di Covid, andavo solo da Fabio Fazio la domenica sera per mezz'ora. Quindi semmai rubavo del tempo alla partita e non certo al laboratorio». Tanto gli era bastato per rendersi conto, come dichiarò la scorsa primavera, che «i tempi della tv non sono quelli della scienza. Si viene travisati. Mi hanno attribuito di tutto».
Da uomo di scienza, il virologo aveva capito una cosa: la sovraesposizione rende antipatici, anche quando si è bravi a comunicare e si dicono cose sensate. E lui, che era già parecchio sovraesposto sulla battaglia pro vaccini da ben prima che il Covid gelasse le nostre vite, ha fatto quel passo indietro che gli ha permesso di mantenere intatta l'autorevolezza di ciò che dice. Ha imparato però a usare molto bene i social.
E da lì approfondisce, chiarisce, corregge, posta articoli scientifici e aiuta a interpretare ciò che altrimenti non sarebbe comprensibile da noi non virologi. Gli hater non mancano nemmeno sui social, anzi. Ma ormai ha imparato a gestirli, consapevole che comunque i canali per sostenere la scienza e le vaccinazioni vanno trovati.
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