Virus e zona rossa, ecco la carta che inguaia il governo

L'esercito stava già allestendo i posti di blocco ad Alzano e Nembro. Ma il Viminale lo fermò

Virus e zona rossa, ecco la carta che inguaia il governo

Il ministero dell'Interno fa scattare l'ordine per la zona rossa a Bergamo chiedendo rinforzi, anche militari e dopo tre giorni arriva il contrordine per il rientro degli uomini. Non solo: sulle disposizioni ai militari c'è pure scritto «seguirà ordinanza della Prociv», l'abbreviazione per la Protezione civile, che dipende dalla Presidenza del Consiglio. Stesso copione già utilizzato a Lodi e Vo' Euganeo per mettere in piedi le prime chiusure totali.

«A seguito di individuazione di zona rossa nell'area di Bergamo dalle autorità governative relativa all'emergenza nazionale Covid 19, su richiesta di Mininterno Ufficio sicurezza ed ordine pubblico si dispone il rinforzo di personale impiegato nell'operazione Strade sicure con un contingente di 120 unità» si legge in una comunicazione della Difesa per l'invio di rinforzi a Bergamo in vista della chiusura dei comuni di Alzano Lombardo e Nembro. Una richiesta che taglia la testa al toro sul coinvolgimento del governo nella mancata zona rossa. «Fra mercoledì e giovedì 5 marzo i carabinieri e la Questura di Bergamo ricevono l'ordine di fare i sopralluoghi per individuare dove montare i posti di blocco. E sono pronti ad attivare la zona rossa da soli in attesa dei rinforzi» racconta una fonte del Giornale nelle forze dell'ordine. Nella serata del 5 arrivano per primi gli uomini dell'Arma del reggimento Milano, che alloggiano al Palace Hotel di Verdellino. Un paio di chilometri più in là l'albergo Continental di Osio Sotto ospiterà un centinaio di poliziotti. Poi i finanzieri ed il 6 marzo arrivano a Bergamo anche i soldati dell'esercito pronti a chiudere tutto. Gli ordini parlano chiaro, nero su bianco: «La prefettura di Bergamo (che rappresenta il governo, ndr) è di riferimento per l'attività di coordinamento».

Le forze dell'ordine che hanno fatto le ricognizioni sono in contatto telefonico con il prefetto, Elisabetta Margiacchi, a casa contagiata dal virus, ma operativa. Il numero due in Prefettura, secondo i racconti dei presenti, «sembra più nel pallone». La fonte delle forze dell'ordine ribadisce: «È tutto pronto e la stessa prefettura aspetta l'ordine definitivo da Roma». Ai militari viene addirittura chiesto di fare le ricognizioni in borghese per evitare di dare nell'occhio con le mimetiche. Il tempo passa e tutto finisce nel limbo con circa 300 uomini fermi negli alberghi.

Domenica 8 marzo arriva il contrordine, sempre dal Viminale e i militari, come gli altri rinforzi smobilitano: «Mininterno ha comunicato che l'esigenza di rinforzo di personale impiegato nell'area di Bergamo è terminata». Il governo, non la Regione Lombardia, ha gestito il pasticcio delle zone rosse mancate con tanto di ordine e contrordine.

Oggi il premier Giuseppe Conte, il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese e quello della Salute Roberto Speranza dovranno rispondere come persone informati dei fatti al procuratore facente funzioni Maria Cristina Rota, che ha aperto l'inchiesta a Bergamo sulle mancate zone rosse. Perché il governo ha fatto marcia indietro? Il presidente dell'Istituto superiore della Sanità, Silvio Brusaferro, scrive il 5 marzo a Palazzo Chigi che «pur riscontrandosi un trend simile ad altri comuni nella regione, i dati in possesso rendono opportuna l'adozione di un provvedimento che inserisca Alzano Lombardo e Nembro nella zona rossa». I primi report della Protezione civile registrano dal 27 febbraio focolai del virus nel bergamasco. Il giorno dopo a lanciare l'allarme su Alzano è Marco Rizzi primario del reparto di Malattie infettive dell'ospedale Papa Giovanni XXIII a Bergamo.

«Fin dall'inizio gli imprenditori locali premono per evitare le zone rosse» conferma la fonte delle forze dell'ordine. Il sindaco di centro sinistra, Giorgio Gori, segue l'onda della sottovalutazione. Il 26 febbraio sulla sua pagina Facebook pubblica una foto di un'uscita a cena con la moglie, Cristina Parodi. «Bergamo non ti fermare - scrive nel post - Io credo sia giusto seguire le indicazioni (sulle prime restrizioni, ndr) ma allo stesso tempo dobbiamo andare avanti con intelligenza e buon senso senza allarmismi». E aggiunge «che un virus non fermerà Bergamo, né oggi, né in futuro () Con questo spirito stasera ho proposto a mia moglie Cristina di venire a cena da Mimmo () per dare un piccolo segnale». Il 29 febbraio la Confindustria di Bergamo produce un video con l'hashtag Bergamo is running (sta correndo) rivolto in inglese ai partner stranieri per ribadire che la situazione è sotto controllo. «Le attuali avvertenze sanitarie dei dipartimenti governativi italiani indicano che il rischio di infezione è basso» è uno dei messaggi rassicuranti.

Poi la denuncia che sull'Italia circola «una sensazione fuorviante di tassi di infezione più elevati», ma «il business continua come sempre». Il video viene rilanciato anche dal primo cittadino. La settimana dopo il Viminale manda i rinforzi a Bergamo per istituire la zona rossa ad Alzano e Nembro, ma nel giro di tre giorni cambia idea.

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