Da un lato la rabbia e il dolore dei parenti e dei colleghi delle vittime, dall'altro il cordoglio istituzionale e il lavoro degli inquirenti per accertare le responsabilità: sono i due volti della tragedia di Calenzano, con l'esplosione di un deposito di carburante Eni che lunedì mattina è costata la vita a cinque persone. Se ieri mattina giornata di lutto regionale le istituzioni toscane si sono fermate per un momento di raccoglimento per le vittime, nel pomeriggio nella piazza principale di Calenzano si è tenuta una manifestazione indetta dalle maggiori sigle sindacali per dire basta alle morti sul lavoro, con la partecipazione di oltre un migliaio di persone. Alla protesta dei lavoratori del settore trasporti si è unita quella di altre categorie.
Davanti al cancello dello stabilimento di Calenzano, invece, ieri mattina qualcuno ha lasciato una rosa rossa e una corona di fiori, prima del minuto di silenzio organizzato dagli autisti alla presenza delle autorità locali e di alcuni dei familiari delle vittime. C'erano, ancora incredule, le figlie di Vincenzo Martinelli, il 51enne napoletano che da oltre 20 anni viveva a Prato: hanno chiesto dove si trovasse il padre, prima vittima riconosciuta dell'incidente, quando è stato raggiunto dalle fiamme. C'erano anche la moglie e i genitori del 45enne Gerardo Pepe, arrivati dalla Basilicata: erano partiti quando ancora Pepe risultava disperso, e hanno appreso della sua morte durante il viaggio.
Ma ieri mentre restano stabili le condizioni dei due feriti, ancora in gravi condizioni - è stato anche il giorno dei primi riscontri da parte degli inquirenti: i rilievi tecnici disposti dalla procura di Prato nel deposito Eni di Calenzano hanno escluso la possibilità di un sabotaggio, avvalorando invece la tesi di una «condotta scellerata» e una «chiara inosservanza delle rigide procedure previste» costata la vita agli autotrasportatori Vincenzo Martinelli, Davide Baronti e Carmelo Corso, oltre agli operai Gerardo Pepe e Franco Cirelli. La Procura di Prato ha posto l'intera struttura sotto sequestro e aperto un fascicolo ancora contro ignoti, anche se presto arriveranno le prime iscrizioni per omicidio colposo plurimo, crollo doloso di costruzioni o altri disastri e rimozione dolosa delle cautele contro gli infortuni sul lavoro.
Gli investigatori guidati dal procuratore pratese Luca Tescaroli e dal sostituto Massimo Petrocchi sono all'opera per stabilire le cause dello scoppio avvenuto alle pensiline di carico, in seguito alla fuoriuscita di carburante nella parte anteriore. L'Eni avrebbe chiesto di intervenire per smaltire correttamente acque potenzialmente inquinanti, ma tutta l'attività di approvvigionamento, stoccaggio e distribuzione carburanti dovrà restare ferma fino a che sarà necessario. «La circostanza che fosse in atto un'attività di manutenzione di una linea di benzina è l'ipotesi della Procura, nelle 7 pagine del decreto di perquisizione - corrobora l'ipotesi che vi siano state condotte connesse all'evento di disastro». Non è stato un semplice errore umano, in altre parole. Si lavora per capire cosa sia accaduto alle 10.
20 di lunedì nel deposito Eni di Calenzano: tra i documenti acquisiti sia a Calenzano che in Basilicata ci sono i contratti per la manutenzione, le chat tra i protagonisti della vicenda nei giorni precedenti alla strage ma anche nelle ore successive e tutto quello che può essere utile per ricostruire cosa è accaduto. Intanto la prima stima dei danni subiti dalle aziende della zona industriale supera i 3 milioni, tra finestre in frantumi, muri crollati e portoni divelti.
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