Matteo Renzi non sarà più capolista al Senato in Puglia. Lo aveva promesso da giorni, annunciando il primo comizio a Melendugno, sede dell'approdo del Tap.
La rinuncia è arrivata ieri, dopo l'irremovibilità di Calenda rispetto alla candidatura degli uomini di Michele Emiliano, che il leader di Azione ha imbarcato nel terzo polo e sistemato in tutti i collegi alla Camera dietro Mara Carfagna. «Contro Emiliano candiderei anche Thanos e Sauron» ha detto Calenda. Thanos è il capo dei navigator Massimo Cassano, Sauron quello dei gilet gialli Massimiliano Stellato, uomini seduti nella maggioranza di Michele Emiliano. E mentre Calenda ha nel programma la privatizzazione di Ilva, Stellato chiede «l'ingresso di un tarantino nel cda» ovviamente «per chiudere l'area a caldo». E col gilet giallo è candidato capolista col simbolo macroniano «renew europe».
Un'alleanza insostenibile per Matteo Renzi, da sempre acerrimo nemico di quel sistema. Al suo posto Nunzio Angiola, un ex parlamentare 5 stelle passato con Azione. Ma in Puglia il partito è insorto, con prese ufficiali dei segretari: «Il programma presentato il 18 agosto da Carlo Calenda contiene forti contraddizioni con la figura politica del candidato Massimo Cassano, autorevole esponente del governo Emiliano in Regione Puglia. Non si può combattere un sistema di potere clientelare, assistenzialista, inefficace, anti-sviluppo e culturalmente retrogrado, affidandosi ad alcuni dei suoi più autorevoli protagonisti». Ma Calenda li ignora.
Si è rotto definitivamente invece l'embrione originario del terzo polo, cui aveva aderito dal principio Federico Pizzarotti. «Non avevo chiesto e non mi aspettavo una candidatura blindata ma solo di essere messo nelle condizioni di poter gareggiare seriamente. Non sono stati in grado di fare proposte serie e ieri sera ho dovuto a malincuore ritirare la mia candidatura» ha detto Pizzarotti, che nel collage definitivo delle liste si è ritrovato inserito in una postazione non eleggibile.
E infatti oggi accusa Renzi e Calenda di voler «limitarsi alle classi dirigenti di Azione e Italia Viva senza aprirsi. Non c'è stato posto per Gabriele Albertini, non c'è stato posto per Federico Pizzarotti e per altre figure che pure avrebbero a mio parere - ha detto l'ex sindaco di Parma abbandonando il soggetto - offerto un importante contributo e un messaggio di apertura e pluralità».
E infatti porte chiuse anche a Gabriele Albertini, che di grande stima gode ancora a Milano ma che da tempo è lontano dagli ambienti di centrodestra. Tant'è che l'ex sindaco era stato uno dei primi a fare appello per l'alleanza tra Renzi e Calenda. Ma se dell'ex premier aveva ricevuto una proposta di candidatura, Calenda gli ha sbarrato la strada in malo modo: «Non vedo Albertini dall'epoca di Scelta Civica, direi quasi dieci anni. Una settimana fa ha chiesto una doppia candidatura a Milano con un messaggio. Non essendo mai stato iscritto ad Azione, mi è sembrata una proposta quantomeno stravagante».
Non era stravagante invece la proposta di Massimo Cassano, anche lui non iscritto ad Azione fino a ieri. Come ha rivelato lo stesso Francesco Boccia: «Cassano non abbiamo voluto candidarlo, ce l'aveva chiesto e abbiamo detto di no, perché pensiamo che non avesse il profilo per rappresentare la nostra idea di Italia democratica e progressista. Poi è passato Calenda, evidentemente lo ha trovato al mercato degli svincolati. Mi auguro che abbia il buon gusto di dimettersi dall'Arpal (l'agenzia regionale dei navigator) e di passare, come ha detto, all'opposizione perché penso che quello sia il posto giusto per lui: il civismo è una cosa, i legionari sono un'altra».
E infatti Cassano, passato da Forza Italia ad Alfano per restare nel governo Letta, quando rimase senza partito finì nelle braccia del governatore pugliese fondando la sua lista Popolari per Emiliano e diventando capo dei navigatori regionali, poi si è avvicinato alla Lega e un mese fa era alla presentazione di Dimaio.
Ma gli unici posti blindati li ha trovati con Calenda. Che oggi nei vari tweet non riesce a spiegare perché nel terzo polo per un uomo con la storia di Gabriele Albertini non c'è spazio e per uno con quella di Cassano sì.
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