Caro Elon, non ci sentiamo da quando mi si era piantata la Tesla sulla Salerno-Reggio Calabria (tu non volevi credere che a Pizzo Calabro non ci fossero centraline Supercharged) e però, dopo alcune tue frasette sui giudici italiani, c'è qualcosa che devo spiegarti, perché forse non è ti chiaro. Anzitutto: se non ti è chiaro, è perché non è chiaro. Uno statunitense ha ogni diritto di non comprendere l'assetto della Magistratura italiana. Provo a spiegarti. Tu hai scritto di «un'autocrazia non eletta che prende decisioni». Ti sbagli. Giudici e pubblici ministeri fanno parte di una stessa corporazione e carriera (il pm non è l'avvocato dell'accusa contrapposto a uno della difesa, come da voi) e, rispetto ai loro colleghi stranieri, sono soggetti a condizionamenti istituzionali inesistenti: tutto è nelle mani di un organo chiamato Csm, una specie di parlamentino con delega ai problemi della Giustizia. Non c'è quindi nessun controllo da parte del potere esecutivo o legislativo (governo compreso) come accade per esempio in Francia o in Germania, e lo stesso reclutamento è sottratto a qualsiasi intervento politico. Ti sembra un'autocrazia, questa? Sì?
Ti sbagli. In Italia si diventa magistrati appena laureati e senza esperienza professionale che non sia un semplice tirocinio di dodici mesi. Non ci sono corsi di preparazione come accade altrove, e non ci sono neppure dopo. Per decidere della libertà altrui basta vincere un concorso. Nei principali paesi liberaldemocratici ci sono sempre legami istituzionali (magari blandi, ma ci sono) fra pm e sistema politico: in Italia no. Lo status dei pm, ti dicevo, è uguale a quello dei magistrati giudicanti: è uno stesso corpo che si autogoverna tramite l'organismo di prima, il Csm. Pm e giudici vantano le stesse garanzie e perseguono una cosa che si chiama obbligatorietà dell'azione penale (è addirittura nella Costituzione) che dovrebbe mirare a un obiettivo impossibile, soprattutto in un paese politicizzato come il nostro: eliminare ogni traccia di discrezionalità. Da noi, in teoria, ogni magistrato è sicuro di raggiungere il vertice: uditore, poi magistrato di tribunale, poi d'Appello, di Cassazione e per finire «idoneo alle funzioni direttive superiori». Certo, può capitare che rimanga pretore o giudice o sostituto procuratore per tutta la vita: ma il suo stipendio corrisponderà sempre alla qualifica, allo scatto. Ti sembra un'autocrazia, questa? Sì?
Ti sbagli: i magistrati non sono tutti uguali. La maggioranza fa il proprio lavoro e vive nell'ombra, altri tendono a sbandierare una sbandierata indipendenza mettendola in contrapposizione (e non in complementarietà) agli altri poteri. L'indipendenza, nelle loro parole, ha il suono di una pretesa intangibilità, sacralità. Spesso sono i volti più noti e sorridenti alle telecamere. E poi, naturalmente, c'è il citato Csm. Mettiamola così: al pari di altri organismi di cui sarebbe difficoltoso parlarti (come l'Associazione Nazionale Magistrati con le sue correnti politiche) il Csm interviene con mozioni, ordini del giorno, risoluzioni, reclami di leggi ad hoc, difese corporative, solidarietà a questo o a quello: il tutto con posture che vanno al di là dei propositi auspicati dalle leggi e dalla Costituzione. Sì, sono rappresentanti del Csm o dell'Associazione magistrati quelli che hanno difeso la bocciatura della legge sull'immigrazione: sembravano dei politici che si contrapponevano al capo del Governo, lo so. Invece sono funzionari statali, ma è come se fossero i capi di un sindacato potentissimo: e, come sai, i sindacati si oppongono sempre a ogni cambiamento. È anche per questo che in Italia non si è mai riusciti a fare una riforma della Giustizia, ma ora forse le cose cambieranno. Forse, eh.
Si vuole approvare una legge, simile ad alcune di altri paesi, compreso il tuo, che permetterà una divisione delle carriere dei magistrati e che permetterà al governo di lavorare senza interferenze. Forse. Ti sembrerà impossibile, ma da noi questo non è mai stato possibile. Ti sembra un'autocrazia, questa? Sì? Ti sbagli. Forse.
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