Un nuovo miracolo di Papa Francesco, o almeno per il momento un mezzo miracolo perché ci vorrà un bel po' di tempo prima che il presidente cubano Raul Castro possa abbandonare il partito comunista per convertirsi, «ritornando» alla Chiesa cattolica. Le premesse però ci sono, non è uno scherzo e lo ha detto lo stesso Castro dopo aver incontrato ieri in Vaticano, in un faccia a faccia durato quasi un'ora, proprio Jorge Mario Bergoglio. «Leggo tutti i discorsi del Santo Padre» ha precisato il presidente cubano al termine dell'incontro con il premier Matteo Renzi, «se continuerà a parlare così, anch'io che sono del partito comunista che non ammette credenti, anche se si stanno facendo passi avanti, tornerò alla Chiesa cattolica. E non lo dico per scherzo. Sono un gesuita anch'io - ha ricordato Castro - avendo compiuto i miei studi dai preti. Ho detto al Papa che ho assistito a più messe che lui in tutta la sua vita. E gli ho promesso che andrò a tutte le messe quando lui verrà a Cuba». E saranno tante le celebrazioni che Papa Bergoglio il prossimo settembre presiederà all'Avana prima del viaggio negli Usa: hanno parlato anche di questo ieri mattina nello studio papale dell'aula Paolo VI Francesco e Raul, fratello minore di Fidel, al potere ormai da diversi anni, che, prima di ogni cosa, ha voluto ringraziare il Pontefice per il ruolo determinante avuto nel progressivo disgelo tra Cuba e Stati Uniti. Un lavoro «certosino», silenzioso, un muro ormai quasi definitivamente crollato grazie all'intervento della diplomazia vaticana e del Papa in prima persona che, nel più totale riserbo, negli scorsi mesi aveva sentito più volte (anche al telefono) Castro e Obama, per mediare su un possibile riavvicinamento tra i due Paesi, oggi realtà.
Un incontro definito «molto cordiale» quello di ieri in Vaticano, con un Raul Castro molto più emozionato con il Papa che con Renzi, quasi oscurato dal leader carismatico, accolto da Bergoglio a braccia aperte e con il quale ha voluto conversare della visita a Cuba, dei diritti e della dignità dell'uomo e delle necessità della chiesa cubana. Non a caso Francesco, oltre ad aver voluto donare a Castro anche un grande medaglione con raffigurato San Martino che copre un povero con il suo mantello («Il Papa ha osservato esplicitamente che questo è un dono che fa volentieri, perché ricorda non solo l'impegno per aiutare i poveri ma anche per promuoverne attivamente la dignità» ha spiegato il direttore della Sala Stampa Vaticana, Padre Federico Lombardi), nel corso del faccia a faccia, Bergoglio ha voluto sottolineare quelle che sono le sue attese e le sue speranze per la Chiesa di Cuba e per il popolo cubano. Il Papa, molto delicatamente, avrebbe anche fatto presente a Castro la necessità di una svolta nel Paese, per portarlo fuori dall'ideologia e dai metodi utilizzati nel passato. Il lìder cubano, a sua volta, ha chiesto che la comunità internazionale «non utilizzi i diritti umani come arma politica». «Noi - ha aggiunto - non avremmo mai dovuto essere inclusi lista dei paesi terroristi».
Davanti a sé, Francesco, avrebbe trovato un interlocutore aperto e disponibile a sentire quelle che sono le attese della Chiesa per il bene del popolo cubano. Nessuna richiesta precisa per il momento da parte del Papa ma certamente ci sarà un ennesimo colpo di scena, come successo con Giovanni Paolo II e con Benedetto XVI durante le loro visite all'Avana.
Wojtyla nel 1998 ottenne il ritorno del giorno di Natale come festa nazionale mentre Ratzinger nel 2012 aveva chiesto e ottenuto che il venerdì santo potesse essere riconosciuto come giorno festivo. Adesso tocca a Papa Francesco che, poco prima o durante la visita, potrebbe chiedere e ottenere a nome del popolo cattolico qualche altro riconoscimento ufficiale da parte dei fratelli Castro.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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