È un padre che ha vissuto la tragedia più grande, ma non si sente di giudicare un altro padre, che ne sta vivendo un'altra quasi altrettanto grande, quello dell'assassino di sua figlia Giulia. Neanche quando, durante il colloquio in carcere, sembra giustificare l'operato del suo ragazzo. Due padri che continuano ad avere un rapporto, nonostante tutto. «Mi ha scritto durante le feste», ammette Gino Cecchettin.
A una settimana dalla pubblicazione dell'intercettazione della prima conversazione tra Filippo Turetta e i suoi genitori dopo essere stato arrestato per l'omicidio della sua ex fidanzata lo scorso novembre, Cecchettin - seppur provato dalla situazione - sceglie come sempre la via della moderazione, con una forza d'animo straordinaria. Non affonda il coltello nella piaga. Stigmatizza invece la pubblicazione di quel colloquio che tanto ha fatto discutere in questi giorni. «Inutile e di nessun valore pubblicare la conversazione dei genitori di Turetta con il figlio», dice durante uno degli incontri della «Terrazza della Dolce Vita», condotto a Rimini da Simona Ventura e il neo marito Giovanni Terzi. Non deve essere stato facile per lui leggere sui giornali le parole pronunciate da papà Turetta lo scorso 3 dicembre nella sala colloqui del carcere di Montorio Veronese: «Eh va beh, hai fatto qualcosa, però non sei un mafioso, non sei uno che ammazza le persone, hai avuto un momento di debolezza... Non sei un terrorista. Non sei l'unico... Ci sono stati altri 200 femminicidi!». Probabilmente dette da un padre disperato per paura che il figlio si suicidasse, almeno così si è giustificato Nicola Turetta, ma pur sempre una pugnalata per chi ha perso la figlia in modo così tragico. L'altra sua figlia, Elena, a quelle parole aveva dato un peso diverso, denunciando a caldo la «normalizzazione sistematica della violenza». Gino Cecchettin è come anestetizzato dal dolore: «In confronto al dolore per la morte di Giulia il resto è nulla per me». «Alcune notizie vecchie non andavano divulgate - dice - ma non sta a me giudicare l'operato di un altro papà e quindi non lo giudicherò».
L'incontro di Rimini è anche l'occasione di parlare del libro che ha scritto su sua figlia, «Cara Giulia», per donare un po' di lei e per avviare un progetto destinato ad aiutare le donne vittime di violenza. «Abbiamo costituito una fondazione per sensibilizzare e aiutare chi già opera sul territorio per sostenere le donne vittime di violenza. Vogliamo costituire una rete di professionisti per andare nelle scuole a sensibilizzare sul tema della violenza di genere e aiutare i ragazzi a riconoscere le relazioni tossiche», spiega Gino Cecchettin. I primi risultati della fondazione sono già arrivati: «Un ragazzo in virtù della storia di Giulia ci ha scritto dicendo che forse aveva qualche problema da curare. Magari se non fosse successo sarebbe stato un potenziale... chiamiamolo potenziale. Però già il fatto che lui l'abbia riconosciuto è un primo passo. Cerchiamo di salvare più vite possibili. Per me l'unico numero di femminicidi che può essere soddisfacente è zero».
Un obiettivo che purtroppo le cronache quasi quotidiane fanno sembrare lontanissimo. Quando papà Gino rivede la foto in cui era insieme a Giulia a Padova il giorno del suo 22esimo compleanno si commuove. Quel compleanno è stato l'ultimo di Giulia.
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