Centrodestra in vantaggio con l'incubo ingovernabilità

L'ultimo report: Fi-Lega-Fdi a 290 seggi. L'allarme sul post voto: nessuna coalizione avrebbe la maggioranza

Centrodestra in vantaggio con l'incubo ingovernabilità

Eppur si muove, il panorama politico in vista del traguardo elettorale. Impercettibilmente, ma secondo trend e dinamiche (mediatiche e non solo) che i vari «sismografi» messi in piedi dai sondaggisti non mancano di registrare. Il dato di fondo non è cambiato: solo il centrodestra è in grado di agguantare una maggioranza stabile, ma mancano ancora una ventina di seggi alla Camera (per il Senato stesso discorso con numeri diversi). Ventisei, secondo l'ultima rilevazione di Ixè di Roberto Weber. Quota 40% non è lontana, concordano chi più chi meno tutti i principali istituti: Tecnè il più ottimista attribuendo al centrodestra già il 39.

Ma non di soli numeri vive la politica, anche quella sondaggistica. Un'interessante ricerca di Swg sulle intenzioni di voto suddivise per classi sociali dimostra che il centrodestra è la forza più popolare tra gli elettori con difficoltà economiche (tra di essi riscuote il 43 per cento, contro il 36,3 di M5S e soltanto l'11,8 del Pd!); così come il partito di Renzi è quello preferito dalle classi più agiate: 35,3 di preferenze contro il 23,7 di M5S e 33,4 del centrodestra. In definitiva, è Forza Italia il partito più interclassista, dunque con le minori oscillazioni per ceto.

In una settimana di lievissime variazioni (uno zero virgola in basso per Lega e Fdi, compensato da uno zervirgola in più per i centristi di Fitto), i Cinquestelle si avvicinano al 29%, mentre Pd è stabilmente sotto il 24: per qualcuno in picchiata sul 22, per altri sul 23. Voti che non si riversano però su Liberi e Uguali, inchiodato tra il 6 e il 7. Ciò che si muove, complice una massiccia componente mediatica (più un mezzo endorsement di Prodi e settori di Confindustria), è l'andamento della lista +Europa di Emma Bonino e Bruno Tabacci. Che, a dispetto della sua composizione ibrida fino all'ossimoro laico-cattolico, sale verso il 2,6 per cento ed ormai vicina alla soglia di sbarramento del 3%. Rispetto al Pd di Renzi, al di là delle dimensioni imparagonabili, la lista della Bonino sta diventando una specie di good company che compensa le défaillance della bad. Così, se persino la granitica Svp bolzanina registra un calo di consensi dopo la presentazione della candidatura Boschi, l'arrivo di testimonial esterni galvanizza +Europa: sia il disegnatore Sergio Staino, ultimo direttore dell'Unità chiusa da Renzi, sia Carlo Calenda, e persino il premier Gentiloni, ne fanno il partito dal trend di crescita migliore. Pur destando un certo scalpore (oltre che preoccupazione) il programma economico dichiarato dalla Bonino, che vorrebbe (testuale) «congelare la spesa pubblica primaria in termini nominali al livello 2017 per tutta la durata della prossima legislatura, così facendo il bilancio andrebbe in pareggio già nel 2019». È stato calcolato che la cura iper-thatcheriana della Bonino costringerebbe ad (almeno) due manovre di 40 miliardi l'anno. «Fa rimpiangere l'austerity del governo Monti», commenta il bocconiano Fassina (Leu). Ma, anche, obbiettivo che mal si sposa con i bonus e le proposte «espansive» (ovvero promesse) di Renzi: fortuna vuole che una maggioranza di centrosinistra è impossibile, nonostante altissimo sia ancora il numero di indecisi (sul 37% in calo).

Con i dati attuali, però, non sarebbe possibile neppure un governissimo Fi-Pd (mancano 64 seggi, secondo Ixè), né uno M5S-Lega (46 seggi in meno). Persino un «governo del Presidente» (Fi-Pd-Leu più responsabili) non disporrebbe di maggioranza. C'è ancora tempo per rifletterci.

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