È bella la storia di Luca Toni che a 37 anni segna ancora: 13 gol in 27 partite. È bella la storia di Antonio Di Natale che a 37 anni segna ancora: 10 gol in 23 partite. Belle, sì, le loro storie. Perché sono i due attaccanti italiani più avanti nella classifica marcatori: quinto e settimo. Dietro o tra di loro ci sono quattro argentini e un francese. Belle, sì, le storie delle loro squadre, cioè Verona e Udinese che credono in questi due centravanti diversi e fortissimi. Lottano per salvarsi entrambe e riusciranno a raggiungere il loro obiettivo grazie a quei due. E racconteremo di come non ci sia età per quelli che sanno giocare a pallone. E racconteremo che la provincia resuscita giocatori che sembrano a fine corsa da tempo e altri giocatori che lì sembrano non finire mai.
Aggrappati alla retorica come siamo non vediamo la morale unica e opposta che c'è dietro le due storie. Se i due attaccanti italiani che segnano di più hanno 37 anni significa che i giovani non esistono. Non sgomitano abbastanza, non combattono a sufficienza. Perché siamo stati anni a rimproverarci che non credevamo nei ragazzi, senza neanche immaginare che ci potesse essere anche un'altra verità. Oggi che i giovani sono stati lanciati, che spesso vengono provati anche al di là degli oggettivi meriti, dove sono i risultati? I ragazzini stranieri funzionano: Dybala e Icardi, Pogba, Salah, Felipe Anderson. I nostri no.
Si difende solo Manolo Gabbiadini che di anni ne ha 23, unico con un'età che gli garantisca un futuro che possa essere migliore del presente. È poco, troppo poco, lui. Poco per dire che se i giovani non ce la fanno è sempre colpa degli altri.
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