Chi tocca i baroni rossi finisce sotto processo

L'odissea di un giornalista querelato: raccontò la strana carriera di una professoressa vicina al Pd

Chi tocca i baroni rossi finisce sotto processo

O ggi che Concorsopoli è diventata una vergogna nazionale con baroni arrestati e sospesi dall'insegnamento, la denuncia del sistema corrotto è un atto benemerito, anticasta e trasparente. Non sempre è stato così. Per aver raccontato nel 2011 i sistemi di cooptazione all'università di Viterbo un giornalista che allora lavorava al quotidiano Italia Oggi, Giampaolo Cerri, invece che applausi si è preso una querela e il processo è ancora in corso. L'accusa è diffamazione ma suona come lesa maestà. Perché i chiamati in causa sono una professoressa con tessera e ruoli di responsabilità nel Ds/Pd e il capo dipartimento per l'università del ministero dell'Istruzione, all'epoca rettore dell'ateneo e presidente della Conferenza dei rettori. Nonché compagno della docente in questione.

Lei si chiama Flaminia Saccà. Laurea in sociologia politica nel 1995 con tesi sul controllo sociale della sessualità, relatore il professor Umberto Melotti. Dottorato di ricerca in sociologia della cultura nel 2001. Ricercatrice all'università La Sapienza di Roma. Dal 2002 al 2005 è responsabile nazionale università e ricerca dei Ds e guida la contestazione all'allora ministro dell'Istruzione, Letizia Moratti. Nel 2006 diventa co-coordinatrice della Scuola di formazione politica del Pd e nel 2007 viene nominata presidente di Filas spa, società della Regione Lazio a sostegno della ricerca, dello sviluppo e dell'innovazione. Piero Marrazzo, allora governatore, la giudicò «una nomina di alto profilo che conferma la sensibilità del sistema Regione nei confronti del sostegno alle imprese».

Negli stessi anni Saccà ottiene un incarico di ricerca in sociologia all'università di Cassino. E nel 2010-11 partecipa a un concorso per un posto da associato all'ateneo della Tuscia a Viterbo, il cui rettore è il suo compagno, Marco Mancini. Qui scoppia il caso rivelato da Italia Oggi che è costato il processo per diffamazione. Uno dei cinque docenti della commissione giudicatrice, il professor Marcello Fedele, ordinario alla Sapienza, dopo una prima valutazione favorevole si corregge. E produce un tomo singolare: ampi stralci del lavoro presentato da Flaminia Saccà e a fianco, in imbarazzanti tavole sinottiche, testi di Francesco Amoretti, Gianfranco Bettin, Gianpietro Mazzoleni, Gabriel Almond e Sidney Verba. Uguali. L'accusa è semplice: la candidata ha copiato eminenti sociologi senza citarli. Il professor Fedele mette a verbale la volontà di cambiare giudizio perché «la produzione si configura priva di originalità e dunque con un valore scientifico in larga misura inesistente». Gli altri quattro commissari «prendono atto» ma non battono ciglio e ribadiscono la valutazione positiva per l'aspirante associata in sociologia targata Pd «in considerazione del curriculum, dei titoli presentati e delle due prove orali». Chiamato a testimoniare al processo per diffamazione, Fedele ha confermato tutto.

Il decreto di nomina è firmato dal rettore viterbese, Marco Mancini, che era anche il presidente della Conferenza dei rettori e compagno della professoressa Saccà. Concorso confezionato su misura? Il sospetto esiste.

Ora entrambi hanno fatto carriera: lei presiede il corso di laurea in Scienze politiche e relazioni internazionali a Viterbo mentre lui dall'agosto 2013 ha lasciato il rettorato (dove si era insediato nel 1999) per diventare capo del dipartimento per la formazione superiore e la ricerca al dicastero dell'Istruzione, cioè il braccio destro del ministro per le questioni universitarie.

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