"Chiaro che avrebbe fatto flop. Le politiche attive sono altre"

Cazzola: "Intervenire su scolarizzazione e inclusione sociale invece di promettere tre offerte di lavoro"

"Chiaro che avrebbe fatto flop. Le politiche attive sono altre"

Giuliano Cazzola, esperto di diritto del lavoro e di previdenza, ritiene che il reddito di cittadinanza debba sussistere come sussidio di inclusione. Le politiche attive del lavoro non dovrebbero riguardarlo e ogni riforma del sostegno introdotto dai Cinque stelle dovrebbe partire da questo assunto.

Dottor Cazzola, cosa non ha funzionato nel reddito?

«Non ha funzionato quello che si sapeva fin dall'inizio non avrebbe funzionato: tenere insieme uno strumento di sostegno contro la povertà con le politiche attive. È come mettere assieme un treno ad alta velocità con una carriola. È quello che tutti riconoscono come grande fallimento, a partire dai navigator a cui non è stato fatto fare niente. È sbagliata l'idea che un lavoratore disoccupato che vive in condizione di povertà sia in grado di fare un corso ed essere assunto a tempo indeterminato. Infatti, si è scoperto che più di un milione di percettori non sono occupabili perché bisogna avere un livello di istruzione sufficiente ed esperienze pregresse. Questo è il punto vero».

Come si potrebbe riformare?

«Si potrebbe fare un'operazione che non ha la pretesa di offrire tre posti di lavoro in 18 mesi, ma che interviene sul versante della povertà e dell'inclusione sociale, della scolarizzazione».

Dunque, le politiche attive andrebbero escluse?

«Non vedo come si possano recuperare politiche attive con gli attuali centri per l'impiego. Si devono creare gli strumenti, allargare l'iniziativa ai centri privati. I centri per l'impiego sono eredi degli uffici di collocamento e svolgono compiti burocratici e non di promozione delle politiche attive. Ecco perché le due questioni vanno distinte. Il reddito per l'inclusione sociale. Le politiche attive con assegni di ricollocazione e centri professionali per l'impiego».

Cosa pensa della riforma degli ammortizzatori del ministro Orlando?

«Penso che voglia rendere permanente e strutturale una politica che si è fatta in un periodo di emergenza dove si è data la cassa integrazione a tutti, ma non si può fare diventare strutturale una situazione di emergenza dando gratis per alcuni anni la cigs alle aziende con un dipendente.

La mia preoccupazione è che il governo allarghi le politiche in continuità di rapporti lavoro rispetto a quelle per la disoccupazione, allontanando i licenziamenti e rendendo la cigs un percorso quasi obbligatorio incoraggiato, mentre il Jobs Act aveva distinto tra Cigs, Naspi e Dis-Coll. Nelle recenti vertenze aperte i sindacati rivendicano le 13 settimane di cassa, che è tirare a campare».

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