Da venerdì prossimo, zac, si spegne la luce del palazzone di Viale Mazzini, il cuore della Rai. Si spegne la luce di uno dei simboli del potere in Italia. Là dove non si decidono le sorti del Paese, ma si decide come comunicarle agli italiani, come fargliele accettare, capire, assimilare, piacere. Là dove decine di dirigenti, asserragliati nel mitico settimo piano, dagli storici Ettore Bernabei a Biagio Agnes fino all'attuale ad Giampaolo Rossi, hanno dovuto e devono destreggiarsi tra le brame dei partiti e il tentativo di confezionare una tv degna del servizio pubblico. Là dove l'unica regola certa è la lottizzazione e si blatera di indipendenza dalla politica quando si sta all'opposizione. Là dove decine di attori, conduttori, produttori, autori, star e starlette hanno fatto e fanno la fila per trovare un posto in qualche angolo del palinsesto. Là dove si sono inventati programmi d'eccellenza ma anche consumati i drammi politici più roboanti: chi non ricorda lo scandalo della battuta di Grillo su Craxi, la baraonda per lo sketch di Fo e Rame sui morti sul lavoro, e poi i casi Biagi, Luttazzi, Santoro, giù giù fino ai più recenti: Fazio, Annunziata, Scurati. Ogni stagione, una polemica, una censura, con qualsiasi colore di governo.
Insomma, da venerdì anche gli ultimi impiegati rimasti saluteranno il cavallo morente e se ne andranno a casa in smart working o nelle altre sedi della televisione pubblica (Saxa Rubra, Teulada) come hanno già fatto i loro colleghi nelle ultime settimane. Il motivo del trasloco è il pericolo dell'amianto, grave problema noto da anni e per cui era già stato organizzato un piano di ristrutturazione della sede storica (con trasferimento in un palazzo all'Eur). Si sono dovuti anticipare i tempi a causa di un allagamento del piano terra dovuto alla rottura dell'impianto di condizionamento che ha portato a un aumento dei livelli di amianto, incidente che ha costretto i vertici aziendali a evacuare l'edificio in poco tempo. Anche la magistratura ha aperto una inchiesta e si procederà a verificare se ci siano stati casi di malattie riconducibili all'esposizione alle fibre d'amianto. Problema che avevano posto anche Franco Di Mare prima di morire di mesotelioma (nel suo caso, però, lui stesso diceva di aver contratto nelle zone di guerra) e Mariusz Marian Sodkiewicz, impiegato a viale Mazzini morto per la stessa malattia per cui aveva presentato un esposto.
Nel palazzo del 1965, il primo realizzato interamente in acciaio e vetro dall'architetto Francesco Berarducci, resteranno solo gli addetti agli svuotamenti per poi procedere a una completa bonifica, ristrutturazione e ammodernamento tecnologico. Il progetto prevede il rientro tra quattro anni, ma pochi ci scommettono Intanto mezzo quartiere Prati è in lacrime: bar, pasticcerie, ristoranti, lavanderie, studi legali, supermercati campano da decenni su quei 1200 dipendenti, più tutti i collaboratori, che ruotano attorno a viale Mazzini.
«Ci vediamo da Vanni?» non è solo l'invito per il caffè ma anche l'appuntamento per discutere di commesse, contratti, incarichi, per raccattare pettegolezzi e ingraziarsi dirigenti.Comunque gli altissimi vertici, quelli del mitico settimo piano, con l'ad Rossi in testa, si spostano di poco, dietro l'angolo, a via Asiago, sede storica della radio.
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