"In Xinjiang esistono più moschee pro capite che in qualsiasi altro paese al mondo. Non vi sono corrispondenze reali, dunque, alle accuse di repressione, se non addirittura di genocidio culturale". È il succo dell'articolo, firmato da Fabio Massimo Parenti, che il blog di Beppe Grillo ha pubblicato per smontare le notizie sulle brutali violenze dell'esercito cinese nello Xinjiang, vastissima regione a nord-ovest del Paese dove vive la minoranza musulmana degli Uiguri, con un milione di persone rinchiuse nei campi di rieducazione. A sostenerlo sono quasi tutte le associazioni dei diritti umani oltre ad autorevoli quotidiani come il New York Times.
L'inchiesta del Nyt sulle violenze cinesi in Xinjiang
Nei giorni scorsi, il giornale della Grande Mela ha pubblicato un dossier riservato che documenta il giro di vite del governo e dell'esercito cinesi contro le minoranze musulmane. Una ricostruzione, basata su oltre 400 pagine di documenti interni, che contiene anche la trascrizione dei discorsi a porte chiuse del presidente cinese Xi Jinping in occasione della sua unica visita ufficiale nello Xinjiang, dove disse di non avere "pietà" nei confronti di separatismo ed estremismo. I documenti pubblicati dal Nyt, ovviamente, sono stati smentiti dalle autorità cinesi, che hanno accusato il quotidiano statunitense di "puntare un occhio cieco ai fatti" e "diffamare gli sforzi sul contro-terrorismo e la deradicalizzazione dello Xinjiang". Il materiale diffuso dal Nyt è stato messo a disposizione da un personaggio politico cinese contrario alle politiche di detenzione di massa attuate dal governo.
La versione di Beppe Grillo
Ma c'è chi non crede alle rivelazioni del giornale newyorchese. "Mai fidarsi di chi rappresenta il potere, a ogni livello": è la massima predicata di continuo da Beppe Grillo ai suoi adepti. Meglio credere, allora, alle versioni di comodo messe a disposizione dalla Cina che, fino a prova contraria, è tutto tranne che un Paese democratico. Non la pensa così Fabio Massimo Parenti, autore dell'articolo apparso sul blog di Grillo dal titolo "Xinjiang: Nuova Frontiera". Una frontiera dove le violenze ai danni delle minoranze musulmane sarebbero, per Parenti, invenzioni della stampa per mettere in cattiva luce le autorità cinesi.
"Circa due mesi fa mi sono recato in Xinjiang in compagnia di una delegazione internazionale composta da studiosi provenienti da paesi asiatici ed europei". Inizia così il "pezzo" di Parenti, Foreign Associate Professor di Politica Economica Internazionale alla China Foreign Affairs University di Pechino. Nel suo articolo, Parenti fa riferimento al libro "Nuova Frontiera tra antiche e nuove Vie della Seta", scritto dall'archeologa Maria Morigi, per spiegare come in vari luoghi dello Xinjiang vi sia "una buona convivenza tra Han e Uiguri e non si percepisce alcun tipo di discriminazione".
Inoltre, "il bilinguismo è praticato nelle scuole per facilitare anche altre minoranze, oltre a quella uigura", oltre che su "segnali stradali, avvisi, musei, parchi e luoghi pubblici". Senza contare poi i "programmi educativi varati a partire dal 2004, fondati sull’apprendimento congiunto e parallelo della lingua madre e del cinese".
"Contestualizzare le misure anti-terrorismo"
E la questione delle misure di anti-terrorismo messe in atto dal governo cinese insieme a quello locale? Manenti cita la valutazione dell'autrice del libro: "Queste misure di contenimento hanno prodotto un freno agli episodi di terrorismo/tentativi di secessione", garantendo "maggiore sicurezza per i cittadini residenti e tutele nel campo dell’istruzione, della pratica religiosa e del lavoro".
Dopo di che Manenti fa un resoconto della sua visita nello Xinjiang. "Le misure di prevenzione e lotta al terrorismo - criticate dalla stampa internazionale per la loro eccessiva durezza, ndr - debbono essere contestualizzate, tenendo ben a mente la drammatica serie di attentati terroristici che ha colpito la popolazione locale a partire dagli anni Novanta". Inoltre, insiste Manenti, non si può parlare di "campi di concentramento senza contestualizzare e fornire evidenze verificabili alla nostra ignara opinione pubblica".
Macché repressione, è un complotto degli Usa
Lo Xinjiang, insomma, non sarebbe il regno del terrore. Anzi, sottolinea ancora Manenti, in questa regione al confine tra Cina, Mongolia e Kirghizistan "esistono più moschee pro capite che in qualsiasi altro paese al mondo. Lingua uigura, arabo e religione islamica sono protette da leggi nazionali, dalla costituzione e dalla implementazione di politiche in ottemperanza a tale quadro normativo. Non vi sono corrispondenze reali, dunque, alle accuse di repressione, se non addirittura di genocidio culturale". La colpa sarebbe della stampa internazionale, teleguidata dagli Stati Uniti per riportare una realtà diversa da quella effettiva, attraverso un complicato - e complottistico - sistema di "manipolazioni, strumentalizzazioni per fini geopolitici e ingerenze".
Insomma, un gigantesco complotto. Eppure, come ha raccontato tra gli altri anche il New York Times, la realtà dello Xinjiang è ben diversa da quella propagandata dal blog di Grillo e dal professor Manenti, che lavora all'Università di Pechino. Basterebbe solo questo per dubitare delle teorie esposte nel suo articolo, che rischiano di apparire ai più come una versione di comodo, una montatura ad arte per non disturbare il can che dorme, in questo caso il potentissimo governo cinese. È proprio grazie all'autorizzazione di quest'ultimo che Manenti ha potuto visitare lo Xinjiang. E di certo, immaginiamo, non l'avrà fatto da solo.
Cosa succede davvero
Come svelato dal Nyt attraverso testimonianze più che affidabili, la realtà dello Xinjiang è ben diversa da quella tratteggiata nell'articolo di Manenti. Tra i passaggi-chiave dell'inchiesta di oltre 400 pagine, c'è il manuale fornito alla polizia politica locale su come spiegare agli studenti i motivi dell'improvvisa "scomparsa dei loro genitori. E se insistono? Semplice: la devono smettere. Perché dal loro comportamento dipende la lunghezza della permanenza dei loro cari nelle "scuole di addestramento" del governo.
Ma nello Xinjiang accade anche di peggio. Qualcuno ricorderà il video (se ne parla qui), comparso nel settembre 2019, che mostra dozzine di giovani ammanettati, bendati, incatenati e tenuti prigionieri dalle autorità locali. Tutti rasati e con gli stessi indumenti.
5 Stelle e Cina, storia di un amore nato
Beppe Grillo, che ha ospitato il contributo del professor Manenti sullo Xinjiang, vuol dire Movimento 5 Stelle. E proprio il M5S, quest'anno, è stato il primo sostenitore dell'apertura dell'Italia alla Nuova Via della Seta, un'iniziativa strategica lanciata dal governo della Cina per migliorare e rafforzare i legami commerciali con il resto del mondo.
Una partita che potrebbe portare i cinesi ad entrare nelle nostre infrastrutture strategiche. Ecco perché non ci si deve sorprendere dell'ultimo articolo pubblicato dal blog di Grillo, perfettamente in linea con i piani espansionistici del Dragone e con le idee dei 5 Stelle in materia di politica estera.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.