La città martire non trova tregua tra bambini uccisi e forni crematori

Colpiti ospedale pediatrico e teatro rifugio di civili, la mega bomba ennesimo orrore

La città martire non trova tregua tra bambini uccisi e forni crematori

La presa di Mariupol. O forse no. Sono più di cinquanta giorni che la città simbolo di una resistenza infinita è a un passo dal cadere sfinita. Eppure non si arrende e combatte. In mezzo distruzione, morti, orrori. L'ultima puntata ieri. Con la mega bomba di le Fab-3.000, risalente all'era sovietica che contiene 2.983 kg di esplosivo in grado di penetrare un'armatura fino a 288 mm di spessore, con un raggio di distruzione di 46 metri e un raggio di dispersione dei frammenti di 260 metri. Prima ci sono state bombe a grappolo, bombe a caduta libera, razzi, bombe anti-bunker. «Mariupol sta assumendo un significato emblematico sia per i russi sia per gli ucraini per confermare la propria voglia di combattere e resistere», ha detto il generale degli alpini Giorgio Battisti, già primo comandante del contingente italiano della missione Isaf in Afghanistan, sull'offensiva russa. «Quella di Mariupol potrebbe essere una battaglia di Stalingrado al contrario». Qui i russi hanno perfino portato forni crematori mobili per cancellare le tracce dei cadaveri. L'esercito di Mosca avrebbe reclutato «terroristi locali» e di Donetsk in forze speciali per fare il «lavoro sporco», raccogliere e bruciare i corpi. Hanno trasformato Mariupol in un campo di sterminio è l'accusa degli ucraini. Per questo i russi non hanno avuto alcuna fretta di fare entrare missioni umanitarie.

I dettagli sono agghiaccianti. «La portata dei crimini delle forze russe a Mariupol è dieci volte peggio del genocidio di Bucha», scrive il comune della città ucraina su Telegram, con la foto di «un sottopassaggio, nel distretto periferico di Sadkiv, con dei corpi allineati per terra. Centinaia di cadaveri vengono portati in questi punti ogni giorno per poi distruggerli nei crematori mobili o seppellirli in fosse comuni». Ci sono delle date che tracciano verso il baratro: la sera del 16 marzo i bombardieri russi non si impietosiscono davanti ai cartelli con scritto «bambini» e colpiscono il teatro di Mariupol, c'erano «almeno 500 civili», denuncia Human Rights Watch. Per il vicesindaco della città, Serhiy Orlov, erano mille o milleduecento le persone che si stavano rifugiando nell'edificio bombardato. Un crimine di guerra? Lo stesso allora vale per l'ospedale pediatrico della città. Altra pagina orrenda fissata nella memoria da una fotografia simbolo: a scattarla, il 9 marzo, è il fotografo Evgeniy Maloletkala e fa il giro del mondo. Eppure c'è chi dice ancora che è un fake, roba falsa. Cinque uomini, dopo il bombardamento dell'ospedale pediatrico di Mariupol, portano via in barella una donna incinta gravemente ferita. Con un mano la donna si tocca il ventre, guarda il vuoto mentre intorno a lei resta solo la devastazione di una città. Il piccolo morirà dopo poco, lei si abbandona alla stessa sorte. «Uccidetemi ora», ha urlato quando ha scoperto di aver perso il figlio. Quello stesso giorno invece nascerà Veronika, figlia dell'altra donna incinta simbolo dell'ospedale dei bambini bombardato. Anche la foto di sua mamma, Marianna Podgurskaya, famosa blogger ucraina è diventata virale. Tutti noi l'abbiamo vista e ci siamo commossi, è intenta a scendere dalle scale: il suo pancione di nove mesi che la rallenta, una coperta che si porta come fosse un elmetto e schizzi di sangue sul volto. La sua sorte è diversa, lei e la bambina sopravvivono, ma il calvario è solo all'inizio, accusata di essere una attrice ingaggiata dagli ucraini per la sceneggiata. Viene rapita, seguiranno video denuncia come in un incubo.

Intanto circa 5mila bambini sono stati «deportati» dalla regione di Mariupol in Russia dall'inizio dell'invasione russa: lo ha denunciato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. «Circa 5mila bambini sono stati deportati da questa regione nella parte della Russia perché non gli hanno permesso di andare nella parte dell'Ucraina». Bambini scomparsi, che nessuno sa dire dove siano finiti. Altri 20mila (di cui almeno 2.500 bambini) si troverebbero nell'isola di Sakhalin, nell'estremo oriente della Russia. Lo riferisce il ministro degli Esteri Kuleba.

Secondo l'ufficio del procuratore generale dell'Ucraina, nel paese durante il conflitto 205 bambini sono morti e più di 362 sono rimasti feriti. Ci sono date che hanno segnato - si pensava - il punto più basso. Ai primi di marzo si era saputo di pazienti e personale dell'Ospedale di terapia intensiva usati come scudi umani. E non era neppure il peggio.

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