Parole d'ordine: diplomazia e collaborazione. È un Javier Milei pacato, quello atterrato ieri a Roma per incontrare la premier Meloni a Palazzo Chigi e ricevere il premio internazionale Milton Friedman dall'omonimo Istituto dedicato all'economista liberale di cui il presidente argentino è seguace: «Keynes era il male, viva la libertà!», scandisce dal podio nella storica sede del Tempo a Palazzo Wedekind. Ed è forse l'unico guizzo sopra le righe di un copione che vede Milei al comando dell'Argentina da un anno con risultati riconosciuti da cancellerie ed Economist.
La premier aveva anticipato il vertice con una mossa diplomatica: Milei riceverà infatti dal governo la cittadinanza italiana. L'annuncio sarebbe dovuto arrivare questa sera alle 19 dal palco di Atreju, alla convention di Fdi al Circo Massimo dove sarà tra gli ospiti speciali. La notizia è però trapelata. E l'opposizione è insorta parlando di «regalo».
Uno dei due leader dell'Avs, il verde Bonelli, ha evocato una presunta «procedura accelerata» annunciando un'interrogazione parlamentare. Polemiche rilanciate da Magi, segretario di +Europa, che alla Camera ha parlato di «intollerabile discriminazione nei confronti di tanti altri ragazzi che l'avranno solo dopo molti anni», provando a confondere l'operazione Milei con il referendum sulla cittadinanza fresco di via libera della Cassazione. In realtà, i criteri per la cittadinanza a Milei sono quelli dello ius sanguinis, visti i nonni calabresi migrati a inizio del secolo scorso: «Sono italiano al 75%», aveva dichiarato con orgoglio, Milei. L'idea dell'esecutivo è di riconoscere quel legame e trasformarlo (perché no?) anche in un trampolino politico a contorno di una potenziale special relationship tra M&M, come sui social argentini qualcuno ha già ribattezzato la coppia di lavoro Roma-Buenos Aires. Dare all'operazione un significato strategico. E attraverso il percorso diplomatico soddisfare anche la richiesta della sorella Karina, oggi segretaria generale della presidenza argentina. Più che favoritismi, una manovra per oliare i rapporti. Nessuno lo nega, tra gli sherpa. Perché il rischio dell'introduzione di nuovi dazi americani quando Trump si insedierà alla Casa Bianca c'è. E l'Argentina, grazie ai legami tra i due popoli vantano, testimoniati anche dalla recente visita della premier nel Paese (nel teatro italiano Meloni parlò di «due nazioni sorelle») offre comunanza non solo politica. Ormai accreditatosi come interlocutore centrale per un'area da giorni al centro di polemiche, quel Sudamerica alle prese con la trattativa Ue-Mercosur per il patto di libero scambio, Milei è imprescindibile in questa fase. In serata una nota di Palazzo Chigi conferma che il colloquio «ha permesso di riaffermare l'importanza attribuita alla cooperazione giudiziaria e a quella di sicurezza, nonché la volontà italiana di accrescere la propria presenza economico-commerciale in Argentina, a partire dai settori energetico e ad alto valore aggiunto».
Domenica Milei vedrà pure il presidente di Stellantis, Elkann. Finora l'argentino in Italia è parso diverso dall'uomo con la motosega che lui stesso aveva consegnato ai media nel 2023. L'iconografia di rottura con i predecessori serviva a presentarsi; i risultati conseguiti in un anno di lavoro alla Casa Rosada sono la Borsa che vola e la fiducia internazionale. Milei promette un nuovo anno «con l'impegno del deficit zero e di zero emissioni di debito, e se ci sarà crescita abbasseremo le tasse, mi mancano solo 3.500 riforme per tornare a far sì che l'Argentina si trasformi in una potenza». Tagli drastici alla spesa pubblica e privatizzazioni a raffica stanno dando ragione a lui e a Friedman: inflazione mai così bassa dal 2020 e bilancio in attivo.
Ieri si è concesso solo un paio di selfie coni ragazzi di Students for Liberty, la rete globale di studenti impegnata a promuovere i valori della libertà individuale. Oggi ad Atreju sarà assieme al premier libanese Mikati.
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