Il Club Bilderberg di Conte

Il Club Bilderberg di Conte

Otto e mezzo. In collegamento c’è Mario Monti che, trattenendo a stento il riso, parla degli Stati Generali indetti dal premier Giuseppe Conte per far ripartire l’economia nostrana. “Li possiamo chiamare la Bilderberg dei Cinque Stelle”. In studio anche Lilli Gruber trattiene a stento la risata. Entrambi, d’altra parte, sanno bene come funzionano le cose quando, una volta l’anno, il club creato nel 1954 dal banchiere statunitense David Rockefeller si riunisce per stabilire le sorti dell’ordine mondiale. Se la ridono, forse, perché lo standing delle conferenze organizzate in questi giorni a Villa Pamphili non eguaglia quelle a cui sono soliti partecipare. Eppure i grillini, che hanno a lungo demonizzato i gruppi di potere e la finanza che si riuniscono al Bilderberg, sono riusciti a replicare l’esperimento. Un luogo appartato (la residenza progettata nel Seicento da Alessandro Algardi e Giovanni Francesco Grimaldi), uno stuolo di boiardi con una sfilza di ricette (e di richieste) e l’estromissione della stampa. Filtra solo quello che deve filtrare. Il resto rimane tra i commensali.

Il primo giorno, sabato scorso, ci è toccata la passerella dei vertici europei. Ieri, poi, si sono presi un giorno di pausa. E oggi è stata la volta di Vittorio Colao, capo della task force governativa per la “fase 2”. Domani toccherà alla Confindustria e alle associazioni di categoria. In queste prime ore nessuno ha fatto magie. Dal cilindro magico di Conte non sono uscite sorprese. E molto probabilmente non ne usciranno nemmeno da qui a domenica prossima quando chiuderà i battenti di Villa Pamphili e se ne tornerà a Palazzo Chigi con lo stesso pugno di mosche con cui è partito. I problemi del Paese, al termine di questa scampagnata, saranno tali e quali a quelli che ha lasciato quando l’auto blu l’ha portato fuori dalle mura capitoline. Le decisioni prese (almeno quelle in chiaro) potevano tranquillamente essere trattate nelle sedi istituzionali. È lì, infatti, che devono essere affrontate le crisi. L’emergenza economica, in cui il coronavirus ha gettato l’intero Paese, deve essere risolta al più presto e per farlo non servono le passarelle-show tra le siepi. Il parlamento non è chiuso per ferie, almeno per qualche settimana ancora. Perché il governo non ha scelto di confrontarsi con i parlamentari? Perché non ha scommesso sul dialogo tra maggioranza e opposizione per provare a far ripartire il sistema economico italiano? Forse, sotto sotto, c’è la presunzione di voler fare da solo.

La sceneggiata di Villa Pamphili genera tra chi assiste inerme lo stesso scetticismo con cui i grillini sono soliti guardare gli invitati che si rinchiudono negli alberghi affittati per l’occasione dagli organizzatori del Gruppo Bilderberg. Al netto dell’inutilità dell’appuntamento, infatti, fanno sorgere più di un sospetto gli inviti estesi ai vertici di Commissione europea (c’è la presidente Ursula Von der Leyen), Banca centrale europea (c’è la governatrice Christine Lagarde) e Fondo monetario internazionale (c’è la direttrice Kristalina Georgieva). La Troika al gran completo, per intenderci.

E qui il dubbio (più che lecito visti i trascorsi a Bruxelles degli ultimi mesi) è che quanto viene suggerito (se non imposto) a Conte non sia esattamente la ricetta migliore per il nostro Paese. A far loro le pulci non ci sarà alcun giornalista. Li hanno tenuti tutti fuori. Alla faccia della trasparenza… e dello streaming.

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