La bocciatura del salario minimo passa al Cnel a larga maggioranza. Su 62 consiglieri soltanto in 15 votano contro il documento finale, che indica nella contrattazione la «via maestra» contro il lavoro povero (39 a favore, 8 astenuti). In testa, nel fronte del no, i rappresentati di Cgil e Uil, due sindacati che sul salario minimo hanno fatto testacoda rispetto a quanto sempre dichiarato, passando da oppositori a supporter della misura sostenuta in Parlamento da Pd e M5s. Non c'è l'unanimità (ma è dal 2011 che il Cnel decide a maggioranza) e perciò l'opposizione parla di «Cnel spaccato», in realtà è la foto della spaccatura dei sindacati, con la Cisl rimasta coerente sul no al salario minimo, e Landini e Uil invece diventati paladini della paga minima di legge per allinearsi a dem e grillini. La linea del documento Cnel la riassume Brunetta: «Nove euro l'ora lordi per tutti non significano nulla, è una grida manzoniana. E chi non se lo può permettere che fa? Perde il lavoro o chiude l'azienda? È una semplificazione che fa male a chi ha i minimi più alti ma anche a quelli che hanno i minimi più bassi. Una contrattazione forte è l'unica garanzia per avere un mercato del lavoro equo». Il premier Giorgia Meloni riceve il documento a Palazzo Chigi e conferma la direzione: «Dall'analisi tecnica ricevuta emerge che il mercato del lavoro italiano rispetta pienamente i parametri previsti dalla direttiva europea sul salario minimo adeguato. Da ciò si evince che un salario minimo orario stabilito per legge non è lo strumento adatto a contrastare il lavoro povero e le basse retribuzioni» spiega Meloni. E annuncia «una serie di misure e interventi organici» per i salari, «nel minor tempo possibile», che tenga conto delle indicazioni del Cnel.
Ora la palla passa al Parlamento, dove è già calendarizzata per martedì prossimo in aula alla Camera la discussione sulla proposta di legge sul salario minimo firmata dall'opposizione (con l'eccezione dei renziani di Iv). L'ipotesi della maggioranza sarebbe di rinviare in commissione per approfondire il testo del Cnel e presentare proposte e emendamenti in merito. L'altra strada è un testo di maggioranza che, al posto del salario minimo, vada ad incidere sul potenziamento della contrattazione collettiva, come sembra prefigurare il premier.
L'ipotesi rinvio basta però al leader M5s Giuseppe Conte per denunciare con toni da melodramma «una melina indegna» del governo, «una sceneggiata sulla pelle dei lavoratori sottopagati. È il delitto perfetto, Meloni non ci mette la faccia e usa Brunetta come sponda». Anche il Pd invoca il voto in aula: «Aspettiamo al varco governo e maggioranza. Non ci stancheremo di incalzarli se decideranno di fuggire, ancora una volta, rimandando il disegno di legge in commissione. Abbiano il coraggio di dire no sui 9 euro l'ora che abbiamo proposto per i 3.5 milioni di lavoratrici e lavoratori poveri in Italia» dice Elly Schlein.
L'opposizione non ha i numeri, ma ha fatto del salario minimo una bandiera per accusare la maggioranza di fare «la guerra ai poveri» e il Parlamento sarebbe un bel teatro per inscenarla. Copione già usato per la cancellazione del (disastroso) Rdc.
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