Riportare i moderati al governo. «Questo è il nostro impegno, questa è la ragione per la quale sono ancora in campo nonostante gli attacchi e le persecuzioni mediatiche e giudiziarie che ho subito e che sto ancora subendo». Così Silvio Berlusconi in un messaggio spedito a Fondi a una manifestazione per il No. Sul palco, Salvatore De Meo, Claudio Fazzone, Anna Maria Bernini e Antonio Tajani. Ospite d'eccezione, Stefano Parisi che ha appena annunciato di voler correre in proprio, staccandosi così da Forza Italia. Per la sua presenza è arrivato il nulla osta direttamente dal Cavaliere perché «è un evento per convincere gli italiani a votare No». Ieri a Fondi e oggi ci sarà il bis a Pescara per una manifestazione organizzata da Nazario Pagano, coordinatore azzurro dell'Abruzzo. Nella sua lettera, poi, Berlusconi raccomanda: «Vi suggerisco di utilizzare lo slogan di Simone Baldelli: col No perderà Renzi, ma vincerà l'Italia».
Nessun tentennamento nel bocciare il ddl Boschi nel merito: «Non avremmo voluto politicizzare questo referendum. È stato Renzi a impostarlo così per cercare di ottenere quella legittimazione popolare che non ha mai ottenuto nelle urne. Non lo merita». Poi il Cavaliere assicura che «dopo la vittoria del No non accadrà nulla di drammatico, si dovrà semplicemente porre mano a una legge elettorale ragionevole e condivisa, che garantisca una maggioranza in Parlamento che corrisponda alla maggioranza degli italiani, e poi ridare finalmente la parola ai cittadini». E ancora: «Vogliamo spazzare via una cattiva riforma per creare le condizioni per una riforma diversa, migliore e condivisa, finalmente davvero utile agli italiani». I pilastri: «Limite costituzionale alla pressione fiscale, taglio drastico dei parlamentari, vincolo di mandato ed elezione diretta del capo dello Stato». Poi dice: «Dobbiamo saperci rinnovare senza rottamare nessuno».
Parisi avrebbe dovuto lavorare per calamitare nell'orbita berlusconiana volti nuovi ma poi, partito con la sua Megawatt, ha deciso di correre in autonomia. E la sua corsa si sta rivelando costellata di scontri. Ennesima rasoiata ai vertici azzurri: «Forza Italia è un partito impiegatizio nei suoi vertici quando questi rifiutano una fase di cambiamento. C'è un modo di pensare per cui si ritiene che una volta messo in lista sei a posto, come un impiego pubblico». Le scaramucce con la Lega proseguono e l'ultima stilettata a Salvini è questa: «Lui Trump italiano? Trump ha lavorato nella vita, ha generato ricchezza, ha esperienza, solidità e storia, credo che tra lui e uno che nasce in consiglio comunale e che ha fatto solo quello ci sia una certa distanza». Botta e risposta pure con Raffaele Cantone, presidente dell'Anticorruzione, più volte graffiato da Mister Chili: «Renzi ha consegnato l'Italia alla magistratura, a cominciare da Cantone, una delle più grandi iatture del nostro Paese». La replica del magistrato: «Non rispondo alle generiche e infondate affermazioni del Signor Parisi».
Sul futuro del centrodestra nulla accadrà prima del 5 dicembre ma intanto il dibattito è acceso. E pure Schifani interviene: «La storia ci insegna che se si ha l'ambizione di guidare il Paese, l'unica strada è l'unità del centrodestra. Divisi si perde».
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