Il gran giorno, finalmente, è arrivato. Alle 15, infatti, i 1.009 grandi elettori saranno chiamati alla prima votazione per eleggere il nuovo presidente della Repubblica. Un appuntamento al quale, ancora una volta, la politica si presenta impreparata. Nonostante la candidatura di Mario Draghi fosse in campo ormai da mesi, di fatto confermata dal diretto interessato, i partiti sono riusciti ad arrivare al voto di oggi senza aver individuato non un nome condiviso, ma nemmeno un metodo comune.
Ci si muove, insomma, in ordine sparso. Con la prima chiama di oggi destinata a scivolare via senza sorprese e senza alcuna indicazione di sorta. Sarà, di fatto, il gran ballo della scheda bianca. In attesa che i colloqui, le telefonate e gli incontri tra i leader fuori dalle mura di Palazzo Montecitorio mettano in moto la trattativa.
Difficile che accada in poche ore. E, dunque, il rischio che anche la seconda e la terza chiama (domani e mercoledì) finiscano in fumo è concreto. Con buona pace di Draghi, che sperava di chiudere la partita nelle prime tre votazioni, quelle con il quorum di due terzi. In caso di accordo sul suo nome, infatti, non ci sarebbe stato certo un problema di numeri né il rischio di qualche sorpresa dei franchi tiratori. Ma l’ex numero della Bce avrebbe potuto traslocare da Palazzo Chigi al Quirinale – cosa mai accaduta prima – sulla spinta di quel sentimento di unità nazionale che lo ha portato a guidare il governo lo scorso febbraio. Il passare dei giorni e il protrarsi delle trattative, invece, sta rendendo la via accidentata. Oltre a tirare dentro Draghi nello scontro politico, di fatto indebolendolo. Più passano le ore, infatti, e più appare chiaro che il governo è comunque compromesso. Se l’ex banchiere arriverà al Colle, per ragioni ovvie. Se non riuscirà nell’impresa, perché quell’esperienza si va ormai sfilacciando. E perché la scelta dei partiti di non soddisfare le legittime aspirazioni quirinalizie di Draghi suonerà come una bocciatura, compromettendo i rapporti tra la maggioranza e il premier. A meno, ovviamente, che verso la sesta votazione torni prepotentemente in campo lo scenario del Mattarella bis.
Solo in quel caso, si finirebbe per congelare ancora per un anno – fino alle politiche del 2023 – la situazione attuale.I giochi, insomma, si aprono oggi alle 15. Ma ancora non è affatto chiaro quando – e come – si chiuderanno. Tutto fa pensare che la situazione resterà bloccata almeno fino a giovedì, giorno della quarta votazione.
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