La sinistra che non riesce a dire "comunisti"

Mentre. Secondo l'ufficio del sindaco di Milano, il martire delle foibe Angelo Tarticchio è stato ucciso "mentre Rovigno era sotto il controllo dei partigiani jugoslavi"

La sinistra che non riesce a dire "comunisti"
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Mentre. Secondo l'ufficio del sindaco di Milano, il martire delle foibe Angelo Tarticchio è stato ucciso «mentre Rovigno era sotto il controllo dei partigiani jugoslavi». Mentre. Questo si legge nella targa che è stata scoperta ieri mattina in un parchetto di Milano, all'esito di una specie di calvario burocratico.

Una targa era già stata collocata, prima che il Comune avocasse tutto - l'ha raccontato il presidente di Zona - perché la dicitura non era gradita. E qual era? «Infoibato dai partigiani comunisti titini».

Ed eccoci al mentre, a quel capolavoro di ipocrisia, che farebbe quasi tenerezza, se non facesse rabbia. La sinistra italiana non ce la fa. Sembra che non riesca a dirlo apertamente cosa successe in quell'abisso di orrore. È un riflesso, ideologico o di sopravvivenza. Dopo la fase della rimozione, lunghi anni in cui le foibe sono state dimenticate, o negate, eccoci ai contorcimenti lessicali. Eppure, quella di don Angelo è una figura simbolo degli esuli istriano-dalmati. E la storia della sua famiglia è esemplare. Sette familiari finirono infoibati. Lui fu torturato, ucciso e i suoi aguzzini gli conficcarono in testa una corona di filo di ferro spinato.

Chi erano quegli aguzzini? Dei passanti? No di certo. Criminali, ma non delinquenti comuni. Il comitato promotore della targa aveva chiesto di scrivere «sacerdote istriano, infoibato nel 1943, dai partigiani slavocomunisti di Tito». Storicamente ineccepibile, sintetico, lineare. Forse troppo per la sinistra post-comunista. Palazzo Marino ha formulato tre controproposte, una più omissiva e ambigua dell'altra, e alla fine ha scelto quel mentre. Si menzionano anche i «partigiani jugoslavi» e la «Jugoslavia comunista», sì, ma non si dice chiaramente che proprio quei partigiani furono gli assassini. Mentre.

Sono passati 80 dall'orrore delle foibe. Il presidente della Repubblica due anni fa lo ha scandito senza possibili equivoci, che i crimini contro l'umanità scatenati dalla guerra «non si esaurirono con la liberazione dal nazifascismo, ma proseguirono nella persecuzione e nelle violenze, perpetrate da un altro regime autoritario, quello comunista».

Il Parlamento europeo ha messo sullo stesso piano «omicidi di massa, genocidi e deportazioni» commessi dai regimi nazisti e comunisti. Non serve particolare coraggio ora. Serviva coraggio per sfidare i carri armati a Budapest, Prega o in piazza Tienanmen. Ora basta l'onestà intellettuale necessaria a fare i conti col passato.

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