Puntuale come ogni anno il 25 aprile è stato preceduto da un mare di polemiche. È successo quando al governo c'era il centrodestra e tanto più avviene oggi che, per equilibri interni, la coalizione è mutata in destra-centro. Solo che al di là delle accuse di rito poi, quando arriva il giorno dei discorsi e delle commemorazioni per la festa della Liberazione, si scopre che c'è un'unità sostanziale tra le forze politiche sulla condanna del fascismo che qualcuno strumentalmente non vuole vedere.
E quest'anno non ha fatto eccezione. Giorgia Meloni ha detto senza giri di parole che «la fine del fascismo pose le basi per il ritorno alla democrazia». Matteo Salvini e Guido Crosetto hanno pronunciato la frase fatidica, addirittura identica pure nel lessico: «Questo governo mi sembra antifascista, è evidente». E dietro a loro tutti gli altri ministri da Antonio Tajani a Valditara. Per cui alla fine si scopre che le polemiche di questi giorni sono il prodotto di un calcolo squisitamente politico, e magari in questi frangenti servono solo a dare una piattaforma unitaria ad un'opposizione divisa. Appunto, viene evocato il rischio di un ritorno del fascismo, prendendo a pretesto una presunta svolta autoritaria determinata da una riforma un po' confusa che introduce nella nostra Costituzione l'elezione diretta del Premier oppure qualche menata, di quelle che non mancano mai, commessa da chi in Rai vuole apparire più realista del Re. E queste accuse, paradosso nel paradosso, arrivano da chi addirittura ripropone l'anti-semitismo del ventennio del «dagli all'ebreo», contestando con fischi e slogan quella brigata ebraica che ebbe parte nella Resistenza.
Ecco, semmai sono proprio questi signori che dovrebbero dimostrare di non avere comportamenti fascisti anche quando difendono i palestinesi di Gaza. Perché in fondo il fascismo non sono solo i busti di Mussolini, i fasci littori o le camicie nere, ma soprattutto un atteggiamento intollerante, addirittura violento, verso chi ha opinioni diverse. Sono gli stessi che si richiamano alla pace e che non mostrano alcun rispetto, tantomeno stima, verso la lotta di un popolo come quello Ucraino, che non vuole tornare sotto il giogo di un regime autoritario come quello russo, cioè un'autocrazia che ha tanti punti in comune, a cominciare dalla persecuzione del dissenso, con il fascismo. Ragion per cui tutto quello che è avvenuto in questi giorni ha tanto il sapore di una sceneggiata, di un modo inerziale di ritrovarsi nei riti del passato senza coniugarli con la realtà del presente. Una scorciatoia della sinistra o di parte di essa per trovare un minimo comun denominatore in mancanza di altro da agitare contro il nemico politico. Perché è inutile dirlo, se accusi una parte politica di fascismo, non la tratti più alla stregua di un avversario ma di un nemico. E i nemici si annientano come recitavano ieri gli slogan dei collettivi antagonisti nelle piazze à-coté delle manifestazioni per il 25 aprile.
È un dato su cui riflettere: certe accuse, certe polemiche dovrebbero essere agitate con cura perché altrimenti si finisce come gli apprendisti stregoni, si evoca il fascismo e rischi di materializzare i fantasmi del passato. Per cui tiri in ballo questi argomenti magari in chiave elettorale, perché tra poco più di un mese si vota per le europee. Ma poi le elezioni passano e rischi di raccogliere l'odio che hai seminato.
E ti accorgi che anche la Festa di Liberazione di quest'anno, quella commemorazione che Alcide De Gasperi si inventò proprio per celebrare l'unità di un popolo, l'appartenenza ad una Storia comune, alla fine è stata un'occasione sprecata.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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