
Sono tre le condizioni, non negoziabili, che il presidente del Consiglio Giorgia Meloni pone al collega del Regno Unito Keir Stramer nella telefonata che anticipa la riunione (in call) del tavolo dei volenterosi: il no all'invio di truppe in Ucraina, no al debito per finanziare la spesa per il riarmo e il sostegno all'iniziativa di Donald Trump per arrivare a una pace «giusta e duratura» tra Ucraina e Russia. La trattativa si sblocca e Meloni si siede virtualmente al vertice di Londra dei volenterosi con i suoi paletti. Ma la distanza resta. E soprattutto la tensione con Macron risale dopo gli attacchi del vicepresidente del Consiglio Matteo Salvini. La partecipazione del capo dell'esecutivo al tavolo dei volenterosi è stata in bilico sino alla fine. La premier spinge per incassare la garanzia che non ci sia, fino a quando non si concluderà la trattativa tra Zelenski, Putin e Trump sulla pace, nessuna forzatura o fuga in avanti da parte di Regno Unito e Francia sull'invio delle truppe. Garanzia che però non arriva. Su questo punto, Francia e Regno Unito alzano un muro, senza accettare la richiesta di Meloni. Dall'altra parte del tavolo, Macron e Stramer non rinunciano a un'azione politica e militare di pressione sulla Russia per arrivare a un'intesa sulla fine della guerra. «Abbiamo concordato che continueremo ad aumentare la pressione sulla Russia, a continuare a inviare aiuti militari all'Ucraina e a inasprire le restrizioni all'economia russa per indebolire la macchina da guerra di Putin e portarlo al tavolo delle trattative. E abbiamo concordato di accelerare il nostro lavoro pratico per sostenere un potenziale accordo. Passeremo ora alla fase operativa. I nostri militari si incontreranno giovedì di questa settimana qui nel Regno Unito per elaborare piani solidi e concreti per sostenere un accordo di pace e garantire la futura sicurezza dell'Ucraina» - annuncia Starmer. Che poi precisa: «Il sì ma della Russia non è una risposta sufficiente, e tutti quanti noi eserciteremo una pressione collettiva su Mosca». Meloni non rompe ma per prima volta non nasconde le carte italiane e mette agli atti la posizione del governo: «L'Italia intende continuare a lavorare con i partner europei e occidentali e con gli Stati Uniti per la definizione di garanzie di sicurezza credibili ed efficaci, ribadendo che non è invece prevista la partecipazione nazionale ad una eventuale forza militare sul terreno». Altro punto centrale della proposta italiana è il no al debito pubblico per finanziare la spesa per la difesa. È il «lodo Giorgetti» che Meloni mette sul tavolo. La strada suggerita dal governo italiano è quella di coinvolgere fondi privati per potenziare la Difesa nazionale. Le posizioni tra Italia, Regno Unito e Francia restano distanti. Il capo del governo non vuole smarcarsi dalla linea di Trump, semmai affiancarsi come Europa. E soprattutto non arretra sul no all'invio di truppe. Francia e Regno Unito intendono spingere invece su quest'ultima opzione. La partita politica di Meloni, di sponda con Trump, senza smarcarsi da Regno Unito e Francia, è solo all'inizio. Sullo sfondo l'appuntamento di giovedì delle forze militari del tavolo dei volenterosi. Appuntamento che sarà disertato dai vertici della Difesa italiana. L'Italia potrebbe valutare un impegno militare solo esclusivamente sotto la regia dell'Onu. Martedì e mercoledì invece Meloni è attesa al doppio passaggio (Camera e Senato) per le comunicazioni in vista del Consigli europeo del 20 e 21 marzo.
La posizione italiana, anticipata ieri al tavolo dei volenterosi da Meloni, confluirà nella risoluzione di maggioranza che sarà messa ai voti in Parlamento. Meloni andrà al vertice europeo portando dietro le tre condizioni, non negoziabili, già messe agli atti al summit di Londra.
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