Le condizioni di Renzi: "Lascio il centrodestra se mollate Travaglio"

L'ora delle scelte per Iv: col campo largo via dalle giunte moderate. E lui ora alza la posta

Le condizioni di Renzi: "Lascio il centrodestra se mollate Travaglio"
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È l'ora della scelta di campo. Matteo Renzi deve sciogliere il nodo: entrare nella coalizione dei giallorossi di Conte e Schlein o riprendere il cammino dell'area centrista. Il tempo della tattica per l'ex rottamatore è scaduto. Non solo in Liguria, dove la trattativa per l'intesa con il candidato Pd Andrea Orlando alla presidenza della Regione è alle battute finale.

La scelta nel «campo largo» va fatta ovunque. Anche in Basilicata, regione nella quale i renziani hanno sostenuto alle ultime regionali il forzista Vito Bardi. Dalle parti di Italia Viva sembrano avere (almeno per la Liguria) lo schema abbastanza chiaro: «Abbiamo tolto gli alibi dicendo che siamo pronti a uscire dalla giunta del sindaco di Genova Bucci. Adesso bisogna capire: o vince la linea Schlein e si va tutti insieme o vince la linea Travaglio e Schlein non decide. Nel caso di vittoria della linea Schlein noi ci siamo nel centrosinistra. Se vince la linea Travaglio faremo nostra lista da soli», spiegano fonti renziane al Giornale.

Italia Viva butta la palla nel campo del Pd. Il veto dei Cinque stelle è ancora in piedi: «Renzi fa perdere più voti di quelli che fa guadagnare», è il ragionamento nell'entourage del leader Giuseppe Conte.

Ferruccio Sansa, sfidante di Giovanni Toti alle ultime regionali in Liguria, è netto: «No a Italia Viva. No a fare entrare candidati camuffati in altre liste. Perché altrove, perfino a Genova, Italia Viva sostiene la destra» ma «soprattutto perché vuole cose diverse da noi sulla sanità, la legalità, la Costituzione, l'ambiente e lo sviluppo economico».

La «scelta» di Renzi non riguarderà solo le alleanze. Ma come lo stesso ex rottamatore ama ripetere la scelta si farà sui programmi. E dunque: sulla giustizia cosa sceglierà il capo di Italia Viva? Manterrà il profilo garantista o ci consegnerà nel giustizialismo manettaro dei grillini? E sul lavoro? Insisterà sul riformismo del Jobs act o abdicherà in nome della svolta landiniana? Tasse? Qui il discorso è abbastanza semplice per Renzi: convincersi ad abbracciare la patrimoniale di Bonelli e Fratoianni o restare fedele al suo slogan «no tasse».

Intanto, Renzi manda dei segnali ai suoi futuri alleati. E in un'intervista alla Stampa dice: «Spazziamo via le ambiguità, non intendiamo tenere i piedi in scarpe diverse e dunque siamo pronti a separare la nostra strada da quella del pur bravo Marco Bucci. Tanto bravo che, ricordo, Conte lo ha giustamente nominato Commissario per la ricostruzione del Ponte Morandi. Siamo pronti a essere presenti in una lista riformista senza simboli di partito e a sostenere la candidatura di Andrea Orlando, con cui ho posizioni diverse ma che ho comunque nominato ministro» .

E quindi la scelta si articolerà, almeno in questa prima fase, in due mosse: l'uso delle liste civiche, per evitare i malumori dei Cinquestelle, e l'addio alle alleanze in comuni e regioni con le giunte di centrodestra.

È la strada che suggerisce anche Chiara Braga, capogruppo dem alla Camera (vicina a Dario Franceschini): «Non ci devono essere veti pregiudiziali ma la coerenza e chiarezza mi sembra un dato di partenza fondamentale dal quale non si può prescindere».

Dal Pd giunge l'invito a mollare le giunte di centrodestra. Per Renzi l'ora della scelta si avvicina.

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