nostro inviato a Giovinazzo (Ba)
Il Papeete Beach è lontanissimo, sembra appartenere già ad un'altra era geologica della politica. Un mese e un cambio (cromatico) di governo dopo, in un resort della costa Adriatica pugliese Maurizio Gasparri accoglie uno per uno gli oltre 500 partecipanti alla settima edizione di Campus Everest, la convention dei giovani di Forza Italia. Dal primo senatore appena atterrato al vicino aeroporto di Bari Palese all'ultimo gruppo di ragazzi, arrivati dopo una notte in pullman dal Trentino.
Senatore Gasparri, non sarete lunedì in piazza a Montecitorio con Lega e Fratelli d'Italia?
«Forza Italia vuole un centrodestra unito e con una cultura di governo, perché non basta urlare, bisogna proporre, per cancellare un esecutivo privo di legittimazione democratica. E poi le cose vanno decise insieme, non è che uno chiama e gli altri si accodano...».
Come farete a essere distinti ma non distanti dai vostri alleati naturali?
«Certo, le alleanze sono costruite anche sulle diversità. In questa fase la divergenza totale sarebbe un errore, ma l'appiattimento sarebbe un errore più grande».
Matteo Salvini ha messo il centrodestra in un vicolo cieco?
«Salvini ha una responsabilità precisa, perché chi ha più numeri ha più doveri. Lo sa bene Silvio Berlusconi, che alla guida della coalizione è sempre stato molto generoso con gli alleati. Ricordo che all'epoca An ebbe spazi autorevolissimi, alla stessa Lega fu concesso di amministrare le tre più importanti regioni del Nord».
Giocare d'azzardo non si addice ai veri leader?
«Salvini forse pensava che con la spallata si sarebbe andato subito a elezioni anticipate. Purtroppo si è rivelato un calcolo sbagliato. Ci sono rapporti internazionali da salvaguardare, le reazioni dei mercati, che possono stare antipatici, ma di cui bisogna tenere conto. Nel 2011 ci scontrammo noi contro questo muro e fummo duramente penalizzati. Adesso Salvini non può che riflettere sulle conseguenze delle sue azioni».
Ad esempio?
«Basti pensare al mondo cattolico, che ha accolto con soddisfazione la caduta del governo gialloverde. L'ostentazione dei simboli religiosi è stata controproducente. Lo dico da cattolico praticante, anch'io porto il rosario al collo».
L'opposizione sarà a lungo l'orizzonte del centrodestra?
«Bisogna preparare un centrodestra che abbia la forza di governare stabilmente, di offrirsi come alternativa ai delusi. Con la passione, stando in mezzo alla gente, ai giovani come in questa tre giorni, riannodando i contatti con le categorie produttive. La politica non si può fare solo coi post sui social, a un certo punto devi stringere la mano alle persone. Ecco, d'ora in poi meno dirette Facebook e più occasioni di confronto reale».
Nel centrodestra si riprende a litigare ogni volta che si parla di leadership...
«Guardi, se fosse bastato l'esercizio muscolare adesso Salvini sarebbe il presidente del mondo. Per un anno e due mesi è stato contemporaneamente al governo e all'opposizione sui social»
Chi guiderà il centrodestra del dopo Berlusconi?
«Berlusconi fu il primo a dire che la leadership spetta a chi prende più voti. Se Salvini vuole la leadership della coalizione, deve credere nella coalizione. Comandare non è solo sfoggio di numeri, ma capacità di fare amalgama. Per capirci: Berlusconi a Pratica di Mare seppe mettere Putin e gli Usa allo stesso tavolo, riuscì a far ragionare un personaggio come Gheddafi. Non funziona dire Io sono il Marchese del Grillo e voi...».
Cosa temete di più nel programma di governo giallorosso?
«Del governo rosso-rosso, semmai. Fanno paura le politiche sociali. Sono le più pericolose, perché non hanno solo un costo economico, ma umano. Ci sono estimatori di Saviano al governo, colui che ha proposto la legalizzazione della cocaina, vedete voi».
È tornata in agenda la riforma del conflitto d'interessi, 15 anni dopo la legge che porta il suo nome.
«Oggi il conflitto d'interessi è quello di Casaleggio, che con Rousseau controlla la vita democratica del Paese senza alcuna trasparenza.
Una società privata che impone la decima ai parlamentari M5s. Vorrei una legge contro questo conflitto. Le aziende italiane sono troppo piccole in confronto ai colossi planetari: bisogna farle crescere, non aggredirle. Sarebbe l'ennesimo suicidio».
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