
Il suo futuro di Giovanni Malagò dopo tre mandati non è ancora scritto: non si sa se un giorno, terminata la sua esperienza positiva al Coni, approderà in politica. Per ora è ancora membro del Comitato olimpico internazionale e c'è chi scommette - anche se lui sorride e smentisce - su un suo ruolo dirigenziale nella Roma, considerati i suoi rapporti con i Friedkin. In questo momento Malagò appare solo amareggiato. Ha lottato per poter restare alla guida dello sport italiano per un altro mandato o almeno per un anno, il tempo di gestire l'avventura olimpica di Milano-Cortina 2026. E l'attacco alla politica nel suo intervento durante l'ultimo consiglio nazionale del Coni è duro quanto accorato. «Noi qui dentro facciamo i fatti, le leggi le fa la politica - l'incipit di Malagò -. Sembra quasi che ci si vergogni di andare da chi ti può dare un consiglio pieno di competenza. Stiamo cominciando a personalizzare un po' troppo questa storia. Prendo atto di tutto questo, ma onestamente non è giusto, non per prendere un mandato in più, ma per completare un percorso».
Percorso fatto di risultati sportivi a livello internazionale («100 medaglie in tre olimpiadi», sottolinea l'ex n.1 Coni Pescante), di un bilancio sano e di un prestigio riacquisito nel mondo dopo il passo indietro dei 5 Stelle per Roma e il sì del Cio per Milano-Cortina 2026.
«I risultati non sono bastati, siamo ripartiti dalle ceneri, abbiamo i conti in ordine e abbiamo ricostruito - ha detto ancora Malagò ai presidenti -. Dicono che c'era una legge, ma questa legge è stata cambiata due volte, prima sui mandati dei presidenti e la seconda, sacrosanta, per il discorso dei consiglieri nazionali degli enti territoriali. E quindi la risposta alla richiesta di fare un'eccezione è stata pubblica, reiterata, ed è stata che c'è una legge. Io mi inchino, ma la legge deve essere sempre legge».
Il riferimento è alla numero 142 del settembre 2022, uno degli ultimi atti del governo Draghi, che regola tra le altre cose la governance della fondazione di Milano-Cortina a 14 membri. «Il mio rammarico è che non si siano aspettati altri sei mesi come era nelle carte, era tutto pianificato e invece non è stato concesso nemmeno l'onore delle armi - ha spiegato Malagò -. Come sono cambiate due volte le leggi si poteva cambiare quel numero di 14 membri del Cda per altri sei mesi». Essendo Malagò presente con il duplice ruolo di presidente del Coni e membro Cio, secondo lui con l'elezione del suo successore andrebbe cambiata la legge alzando il numero di membri. E per lo stesso motivo bisognerebbe prevedere l'ingresso del nuovo presidente paralimpico al posto di Luca Pancalli nella governance. «Se cambiano questa legge è la prova provata di un torto che devono riconoscermi - ha concluso Malagò -. Se non la cambiano invece sono seriamente preoccupato per Milano-Cortina e per il futuro dello sport italiano».
La corsa alla successione è già iniziata, con la politica italiana che rimane alla finestra in attesa degli eventi. L'unica candidatura finora presentata (c'è tempo fino al 5 giugno) è quell'ex velista Thermes, a livello di intenzioni ci sono il già citato Pancalli - nome gradito al ministro dello sport Abodi -, il numero 1 della Federcanoa Luciano Bonfiglio (molto vicino a Malagò) e Diana Bianchedi, attualmente chief strategy planning del comitato organizzatore di Milano-Cortina. La sensazione è che orienterà la scelta. «È sempre stato leale, è ovvio che condizionerà le prossime elezioni.
La cosa che auspico per il futuro del Coni che ci sia una pacificazione tra tutti i membri del consiglio, con il rientro in giunta di Binaghi e Barelli (avversari politici di Malagò, ndr)», così il presidente della Federbasket Gianni Petrucci. «Si è chiuso finalmente un capitolo, ora bisogna pensare al futuro e non più al passato», il commento di Binaghi.
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