Un consiglio a Israele: non smarrire l'identità

La ragion di Stato come pure le ragioni del popolo ebraico non possono oltrepassare il confine del lecito e del legittimo rispetto all'etica della comunità internazionale

Un consiglio a Israele: non smarrire l'identità
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Premessa. Il 60% delle decisioni assunte dal governo israeliano sono giuste, il 30% comprensibili. Sradicare Hamas che tiene in ostaggio i palestinesi ha un senso, soprattutto, dopo il progrom del 7 ottobre dello scorso anno. Liberare il Libano da Hezbollah è un traguardo essenziale se si desidera assicurare un futuro democratico a quel Paese. Come pure tentare di dare una spallata a quel seme avvelenato che destabilizza tutto il medio-oriente che è l'autocrazia a sfondo teocratico degli ayatollah.

Tutto questo è giusto, di più, è sacrosanto, ma anche le guerre più giuste, le azioni militari più motivate hanno dei limiti. La ragion di Stato come pure le ragioni del popolo ebraico non possono oltrepassare il confine del lecito e del legittimo rispetto all'etica della comunità internazionale. Sparare sul contingente Onu, contro i peacekeeper con la scusa di scovare i depositi di armi degli hezbollah, non so se è un crimine di guerra come ha denunciato il nostro ministro della Difesa ma sicuramente non è lecito, né legittimo, né etico. Chi osa violare il diritto internazionale in questo modo si addentra in un territorio ignoto in cui rischia di ritrovarsi solo. Nella storia recente, forse mi sbaglierò, ma solo la Serbia di Milosevic arrivò a tanto e mal gliene incolse. Al punto che ieri siamo arrivati al paradosso che Vladimir Putin, cioè chi ha scatenato la guerra più sanguinosa in Europa dai tempi del secondo conflitto mondiale, ha trovato il coraggio con il pelo sullo stomaco di condannare l'esercito che porta le insegne della Stella di David per l'attacco al contingente Unifil. Ma quello che più colpisce è come a Gerusalemme e a Tel Aviv nessuno si renda conto che la prima vittima di questa incontinenza militare sia proprio Israele. Da quelle parti, a quanto pare, non c'è consapevolezza del fatto che da quando lo Stato ebraico è nato più di settanta anni fa ha avuto la solidarietà di buona parte dell'opinione pubblica occidentale, l'appoggio incondizionato dell'Europa e degli Stati Uniti e un alto tasso di comprensione verso la sua condizione esistenziale di nazione assediata. Una condizione che ha fatto chiudere un occhio, se non tutti e due, su iniziative discutibili sia sul piano politico che su quello militare e tutto per una ragione di fondo: Israele è l'unico baluardo della democrazia, della difesa dei diritti e delle libertà in un'area in cui pullulano dittature e regimi efferati, religiosi e non, dove la vita spesso conta meno di niente, dove le donne sono considerate esseri di serie b e gli omosessuali sono dei perseguitati. È questo il patrimonio che ha guadagnato allo Stato ebraico l'arma più efficace e formidabile che l'ha tenuto in piedi, che gli ha permesso di sopravvivere alla barbarie che spesso si cela ai suoi confini, che è la simpatia e la solidarietà di buona parte dell'opinione pubblica mondiale. Un arma ben più potente della bomba atomica che molto probabilmente possiede.

Ora questa politica spiegata con la logica della sopravvivenza ma che appare spesso un intruglio irrazionale, questo machiavellismo esasperato per cui il fine giustifica qualsiasi mezzo anche quello palesemente illecito, rischia di privare Israele dell'arma più efficace dell'arsenale della sua difesa, appunto, la solidarietà internazionale. Bisogna essere dei ciechi, infatti, per non vedere la diffidenza se non addirittura l'antipatia o, peggio, l'odio che sta montando contro gli ebrei in alcuni pezzi del mondo occidentale. Sintomi preoccupanti che vanno combattuti e condannati perché Israele è un pezzo di noi, della storia della cultura e della democrazia del mondo occidentale. È un esempio, senza retorica, di libertà.

Ma il dato preoccupante, quello che dovrebbe suggerire prudenza a Gerusalemme e a Tel Aviv, è soprattutto uno: Israele in questa guerra senza quartiere ai nemici della sua esistenza, come ho detto in buona parte giustificata, se non coltiva il confine del legittimo rischia di smarrire insieme al senso del limite anche la sua identità, quella per cui l'abbiamo sempre ammirata.

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