Cercasi giudice costituzionale disperatamente, il Parlamento non ha ancora trovato una quadra. In un mese che si annuncia gravido di verdetti (vedi l'ingorgo in Aula di decreti da approvare: Milleproroghe, Caivano bis, Pnrr e Ucraina) la Consulta viaggia a ranghi ridottissimi - 11 componenti su 15, il minimo legale per poter deliberare - per la decadenza naturale di quattro componenti della Corte costituzionale di nomina parlamentare, dal novembre del 2023 (Silvana Sciarra) a fine dicembre 2024. Per sostituire anche Augusto Barbera, Franco Modugno e Giulio Prosperetti, eletti il 16 dicembre 2015, occorre il quorum dei tre quinti, soglia che il centrodestra non riesce a raggiungere da solo.
E sì che a giorni arriveranno dagli ermellini la riforma della legge elettorale della Campania che potrebbe spalancare il terzo mandato per i governatori, il governo se vuole impugnare la norma ha tempo fino al 10 gennaio, anche se la Corte costituzionale difficilmente riuscirà a pronunciarsi prima delle Regionali. Lunedì 13 la Camera di consiglio, convocata per decreto del presidente facente funzioni della Corte costituzionale, Giovanni Amoroso, dovrà riunirsi per decidere sull'ammissibilità o meno del quesito abrogativo sull'Autonomia differenziata, con un eventuale referendum - se il Parlamento non sceglie la strada dei correttivi in aula - che dovrebbe tenersi in primavera. Ma la Consulta potrebbe anche essere presto chiamata a sciogliere il busillis sulla decadenza della governatrice della Sardegna Alessandra Todde dopo la tragicomica elezione con le spese elettorali pasticciate e senza mandatario.
Nonostante i ripetuti appelli e la moral suasion del Quirinale solo su tre nomi ci sarebbe già un accordo di massima: Giorgia Meloni ha scelto il suo consigliere giuridico Francesco Saverio Marini (nella foto), figlio d'arte (il padre Annibale era indicato da An) e padre della riforma del premierato. Forza Italia sfoglia la margherita tra il viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto e l'ex membro laico del Csm Pierantonio Zanettin, con il ministro delle Riforme Maria Elisabetta Alberti Casellati alla finestra. Il «tecnico» bipartisan potrebbe essere Roberto Garofoli, già braccio destro di Mario Draghi, o Giuseppe Benedetto, presidente di Fondazione Einaudi. La leader Pd Elly Schlein - tra i malumori dei suoi per l'impuntatura, con mezzo partito diviso tra i costituzionalisti Massimo Luciani, Alfonso Celotto e Sandro Staiano - non intende indietreggiare sul suo consigliere giuridico Andrea Pertici, membro della Direzione Pd e allievo dell'attuale consigliere laico del Csm Roberto Romboli (anch'egli in corsa, a giorni alterni), su cui c'è la resistenza deboluccia di Giuseppe Conte che vorrebbe Michele Ainis, Roberto Chieppa o Filippo Donati in quest'ordine e le barricate di Matteo Renzi, visto che Pertici - nemico giurato dell'autonomia differenziata, fan del ddl Zan e graditissimo all'ala Lgbtq+ - difendeva i pm che volevano processarlo per i soldi alla Fondazione Open.
Ma sarebbe una rosa senza rosa. A chi la donna, magari cattolica? A noi no, sembra dire il centrodestra. Di nomi in queste ultime settimane ne sono stati fatti una valanga «ma solo per sollevare un polverone», ci dice una fonte vicino al Nazareno. Vedi l'ex senatrice dem Anna Finocchiaro, l'ex pm milanese di Mani Pulite ed ex Forza Italia Tiziana Parenti, la costituzionalista catanese Ida Nicotra (moglie del consigliere Csm Felice Giuffrè), Ginevra Cerrina Ferroni (vicepresidente alla Privacy) fino all'outsider Valeria Mastroiacovo, ordinaria di Diritto tributario a Foggia, fino all'ex Guardasigilli Paola Severino.
Se l'accordo arriva entro domani (giornata di convocazione della capigruppo alla Camera) la seduta comune verrà fissata dal presidente Lorenzo Fontana per martedì 14, facendo slittare alla stessa data la Camera di
consiglio della Corte, purché la decisione venga presa entro il 20 gennaio e depositata entro il 10 febbraio, confermano da Palazzo della Consulta. In caso di fumata nera invece la Corte si riunirà lunedì 13 ma a ranghi ridotti.
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