Giuseppe Conte festeggia la vittoria e pensa al problema del terzo mandato, mentre Beppe Grillo saluta alla maniera di «The Truman Show» e minaccia azioni legali.
«Ora si volta pagina», esulta Conte. I suoi sottolineano come le percentuali della partecipazione e dell'eliminazione del Garante siano state superiori a quelle della prima tornata, i cui risultati erano stati annunciati il 24 novembre alla fine della kermesse di «Nova». «Questo è un segnale politico inequivocabile a Grillo», commenta chi è vicino all'ex presidente del Consiglio. Che, nella tarda serata di domenica, ha parlato di «un'onda dirompente della nostra comunità».
Nel pomeriggio, Conte commenta di nuovo la votazione con una diretta su Facebook. «La nostra è la casa di tutti gli iscritti, anche di chi aveva una proposta diversa e di chi non ha partecipato e ha avuto dei dubbi. Il dubbio è una virtù, nella misura in cui si predispone al dialogo e non agli insulti. Non è il tempo delle cacciate con un post scriptum. Questa è la casa democratica», l'attacco a Grillo. «Chi si azzarderà a intralciare l'azione politica del M5s troverà una barriera solida, pagherà le spese dei suoi avvocati, dei nostri avvocati, la lite temeraria e anche il risarcimento dei danni», dice Conte a proposito di un'ipotetica battaglia legale. E una scissione? «Non ne vedo il motivo». Quindi torna sul rapporto tra l'ex Garante e Mario Draghi: «Si è messo ai margini a parlare con Draghi».
Il primo dossier che Conte dovrà affrontare sarà quello del terzo mandato. La regola è stata superata con le votazioni degli iscritti. Ma ancora bisogna trovare una mediazione in grado di accontentare parlamentari ed ex big. I primi, infatti, temono la concorrenza dei volti noti del passato e spingono per deroghe mirate, riservate solo alle candidature a livello locale o concesse per «meriti».
I secondi vorrebbero delle maglie il più larghe possibili, concedendo magari a tutti un terzo mandato. Sui due mandati, proposta sulla quale non è stato necessario ripetere la votazione, gli iscritti si sono espressi chiaramente. Ma ad essere fumoso era il quesito. Infatti è passata, quindici giorni fa, con il 72% dei voti favorevoli, la semplice indicazione del superamento della regola. Poi c'erano sette opzioni articolate, che non necessariamente si escludevano l'una con l'altra. Tra queste, la più votata è stata l'ipotesi di consentire, in deroga, la candidatura a Sindaco o a Presidente di Regione. Gettonata anche la dicitura «possibilità di deroghe da sottoporre al voto dell'assemblea». Ma pure «possibilità di ricandidarsi dopo pausa di 5 anni» e «il limite è elevato a tre». In particolare, queste due ultime scelte, sarebbero quelle preferite dalla pattuglia dei volti storici del passato che si preparano a rientrare nel Palazzo. Da Roberto Fico a Paola Taverna. Da Vito Crimi ad Alfonso Bonafede. Di contro, non la pensano allo stesso modo gli attuali parlamentari. Tra Camera e Senato, è forte la paura della competizione con l'appeal di ex ministri e personaggi simbolo. Da qui il pressing per avere maglie più strette sulle deroghe.
Magari basate solo su non precisati «meriti» istituzionali oppure limitate alle candidature locali. Conte si trova nel mezzo e dovrà elaborare una mediazione ed è tentato da non concedere deroghe «tombali». Sul punto offre una mezza conferma: «No al carrierismo, proporremo soluzione ragionevole».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.