Perde pezzi ogni mattina, ma ogni sera rassicura: «Ho la fiducia del presidente Mattarella. Io da qui non me ne vado. Ho normalizzato anche Luigi Di Maio...». E più il giorno si presenta sciagurato per il M5s e più Giuseppe Conte sorride, ammicca e guardando Rocco Casalino suggerisce: «Qui servirebbe una nota per ripetere che il governo va avanti ed è solido. Che ne pensi?». Al Corriere della Sera ha ieri dichiarato, anzi, sussurrato, che il «premier è convinto che l'esecutivo non abbia reali motivi di preoccupazione. Il governo va avanti come previsto». Le espulsioni del M5s, le defezioni della maggioranza? «Non ci distoglieranno dall'obiettivo». Le liti fra alleati? «Non avranno ripercussioni anche perché sarebbe imperdonabile e incomprensibile». Ormai non è più soltanto l'uomo che rimane incollato alla poltrona, ma è la poltrona che sta prendendo le sue forme.
Perfino quando ha appreso la notizia che Luigi Di Maio e Nicola Zingaretti si erano incontrati per un vertice di maggioranza a sua insaputa, di fatto escludendolo e scavalcandolo, ha dissimulato come chi si finge al corrente di tutto anche quando è all'oscuro di ogni cosa: «Fisiologico incontro fra alleati. Propedeutico al vero incontro che si terrà con me. Alla fine farò io la sintesi». E infatti, ai parlamentari del M5s si propone come l'unico che possa proteggerli dall'egemonia del Pd: «Ovviamente io vi tutelo» dice ai suoi vecchi amici, mentre al Pd, che sono i suoi nuovi compagni, confida: «È chiaro che da domani occorra il buon senso e che si deve ripartire dal vostro senso di responsabilità». Da accademico del cavillo e architetto del garbuglio è certo che con la parola «cronoprogramma», suo recentissimo vocabolo-passaporto, riuscirà a superare la primavera e salvaguardare la maggioranza il cui stato, sempre al Corriere fa sapere, «è nonostante tutto buono, non è in vista alcuna crisi. Il lavoro che sarà fatto a gennaio avrà un riflesso sul resto della legislatura». In pubblico assicura dunque: «Arriveremo fino al 2023. Non ho dubbi», ma in privato, come gli inquilini che promettono di lasciare gli appartamenti e sono in lotta per guadagnare tempo, rivela: «Mi basta arrivare all'estate 2021, poi scatta il semestre bianco e a quel punto nessuno potrà rovesciare il governo». A chi lo stuzzica e gli chiede da cosa derivi la fiducia che ostenta, non replica in maniera diretta, ma allargando e includendo «il sollievo che mi procura la ponderazione di un presidente come Mattarella che mi onora dei suoi preziosi consigli». E vuole dire in minuscolo quello che non riesce a dire in maiuscolo ovvero che al Quirinale si sente (già) a casa.
E poi c'è Di Maio che Conte è arcisicuro avere «stabilizzato». Malgrado non abbia mai desiderato questo governo, da alcune settimane, anche lui parla di «contratto», accetta di vedersi con Zingaretti a cui, in estate, dava buca, e tanto basta per fare annunciare al premier: «Vedete, pure Di Maio ha cambiato atteggiamento. Una mia vittoria». In realtà, è proprio Conte che con la sua minaccia lo modera, «se il M5s mette in discussione il governo, allora io faccio il mio partito».
Perfino con Matteo Renzi, con cui non è mai andato d'accordo, tanto da dirgli «non ci servono fenomeni», si dimostra aperturista per quanto riguarda la riforma Bonafede e le norme sulle fondazioni: «Possiamo lavorarci» aggiungendo sul banco le
prossime nomine nelle partecipate: «Dove si esprimeranno tutti i partiti di governo».Insomma, è pronto a sfidare qualsiasi calamità naturale pur di non lasciare la sua sedia. Più il governo precipita e più Conte si arrampica.
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