Conte, niente plebiscito. Ma già partono le espulsioni

Partecipazione minima per il voto sullo statuto. Via chi si è schierato contro la riforma Cartabia

Conte, niente plebiscito. Ma già partono le espulsioni

Dopo cinque mesi da leader in pectore, domani sera Giuseppe Conte dovrebbe diventare ufficialmente il nuovo presidente del M5s. Comincia oggi la votazione che metterà la parola fine a una transizione, quella grillina, che sembrava infinita. Urne virtuali di SkyVote aperte dalle 10 di oggi, fino alle 22 di domani. Si è potuto procedere subito alla seconda consultazione perché è stato superato il quorum della maggioranza assoluta dei votanti nel turno di lunedì e martedì sullo Statuto. Un obiettivo raggiunto per circa mille voti. Pochi, ma quanto basta per non ripetere la votazione. Tra chi ha votato, l'87% ha detto sì alle modifiche allo Statuto. «È stata una grande festa di partecipazione, il voto di oggi non rappresenta un punto di arrivo, ma di ripartenza», ha scritto a caldo il leader. Ma l'avvocato ora dovrà affrontare una serie di nodi interni.

Innanzitutto bisogna tenere insieme tutte le anime dei Cinque Stelle. Trovare una sintesi tra spinte spesso contrapposte. Conte è chiamato a ridurre al minimo le tensioni all'interno dei gruppi parlamentari. Divisi tra un gruppone governista molto vasto e alcune frange che si trovano meno a proprio agio nel governo Draghi. Alla fine sulla giustizia la dissidenza è stata controllata. 13 assenti ingiustificati alla fiducia, 16 al voto finale di martedì. Per loro non dovrebbe partire la tagliola delle espulsioni. Invece saranno cacciati quasi sicuramente i due deputati che due giorni fa hanno votato contro la riforma Cartabia. Si tratta di Luca Frusone e Giovanni Vianello, che sono già alla porta e con le valigie in mano. Repressione inevitabile, nonostante i mugugni che circolano in ambienti parlamentari. In cui si teme che Conte diventi un uomo solo al comando. «Speriamo che il M5s non si trasformi in una dittatura», è una voce che arriva. Per evitare l'implosione dei Cinque Stelle l'ex premier sarà costretto a impostare una convivenza sana con Beppe Grillo e Luigi Di Maio. Con il Garante sembra tornata una parvenza di serenità dopo lo scontro durissimo di giugno sullo Statuto. Grillo però non accetta tentennamenti sul sostegno a Draghi.

Discorso simile vale per Di Maio. Che controlla una grossa fetta di parlamentari, soprattutto alla Camera. Il ministro degli Esteri blinda l'ex governatore della Bce in un'intervista a Repubblica. «Non ci saranno scossoni. Chi minaccia il governo, minaccia la ripresa del Paese», è la linea dell'ex capo politico. Poi un cenno alla guerra dei retroscena degli scorsi giorni, con le accuse incrociate tra lo staff di Conte e la Farnesina. «Sono io che ricevo attacchi con delle veline e confido ancora che arrivino smentite», contrattacca Di Maio.

Sono tante le sfide che attendono Conte. Dal terzo mandato alla composizione delle liste per le amministrative del 3 e 4 ottobre - che si preannunciano deludenti per il M5s - fino alle nomine nella segreteria politica.

Nella segreteria potrebbero trovare posto Chiara Appendino, Lucia Azzolina, Paola Taverna, Stefano Buffagni, ma tutto è ancora in divenire. Con i beninformati che però insistono: «Conte vuole fare il suo partito personale». E nel M5s già si guarda alle liste delle prossime elezioni politiche, che potrebbero essere piene di fedelissimi contiani.

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